Parrocchia angelodiverolaSan Lorenzo Martire in Verolanuova

Agostino Donini


loreto

Maestro di musica

Agostino Donini

Verolanuova, 22-04-1874 - Verolanuova, 08-02-1937

Donini in "Verolanuova" di Pietro Faita

Dati Biografici

L'uomo e le opere di Paolo Guerrini

Cenni di Metodo di N. Ghiglione e L. Migliavacca

La catalogazione delle opere

Nell'immagine a sinistra: Il Maestro a Loreto nel 1903 in abito da sacre funzioni


L'uomo e le operedi Paolo Guerrini

L'annuncio della Morte

L'Uomo e le opere

 

L'ANNUNCIO DELLA MORTE

Il "Bollettino della Famiglia Parrocchiale di Verolanuova"
del febbraio 1937, a pag. 30,
così annunciava la morte del M° Agostino Donini:

Mentre il Bollettino va in macchina la ferale notizia della morte repentina del celebre concittadino maestro sig. DONINI AGOSTINO ci ha profondamente costerna lo; ed innanzi alla salma lagrimata recitiamo commossi la preghiera del suffragio. L’anima sua di artista insigne che, attraverso le note sublimi della musica sacra in tutta la vita ha intessuto un poema di glorificazione a Dio, ha meritato la grande retribuzione divina attraverso l’assistenza e l’amplesso del diletto figlio sacerdote il compianto prof. D. Francesco. Siamo vicini e condividiamo il cordoglio dei parenti, dei figli dr. Giacomo, sig.na Luisa, ma particolarmente della desolata vedova sig.ra Irene che colla sua fede ardente, sostituendo il sacerdote, pronunciò le preci dei moribondi nel disporre il diletto marito al grande trapasso. Il suo cuore già sanguinante per molti altri lutti gravi e recenti, ora è di nuovo gravemente lacerato. Noi, muti innanzi a sì acerbo dolore, invochiamo su quelle ferite il balsamo del conforto divino, della rassegnazione, cristiana, della quale la buona signora ci è di edificante esempio.

Il Prevosto

 

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L'UOMO E LE OPERE

Il "Bollettino della Famiglia Parrocchiale di Verolanuova"
del marzo 1937, alle pagine da 39 a 41,
ad un mese dalla scomparsa del maestro, pubblicava il seguente servizio:

Il car.mo Mons. Paolo Guerrini gentilmente ci favorisce le bozze di un articolo in cui, con singolare competenza e con animo di ammiratore ed amico, commemora il compianto maestro sig. Agostino Donini. L’articolo (d’imminente pubblicazione sul vol. VIII delle Memorie storiche della diocesi di Brescia, opera pregiatissima per la quale il distinto Monsignore profonde i tesori di intelligenza e vasta coltura) lo offriamo di buon grado ai nostri lettori, come omaggio riverente e cordiale alla memoria dell’illustre concittadino scomparso, mentre ringraziamo il rev.mo Mons. Guerrini che ci accorda l’onore e la compiacenza di una sì gradita primizia.

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A Verolanuova, dove era nato il 22 aprile 1874, s’è spento l’8 febbraio, improvvisamente, il maestro

AGOSTINO DONINI

dopo un quarantennio di vita artistica, già vice-direttore della Cappella del Santuario di Loreto (1901-1911), poi direttore per oltre 20 anni, in due riprese, della celebre Cappella musicale di Santa Maria Maggiore in Bergamo, insegnando insieme composizione e organo nel notissimo istituto G. Donizetti di quella città.

Si sapeva da un pezzo "scrive G. Banfi nell’Eco di Bergamo" ch’egli ritirandosi nel nativo borgo aveva silenziosamente dato l’addio definitivo non solo alla musica, per la quale era nato ed alla quale aveva consacrato tutto se stesso, ma addirittura al mondo; dal quale si sentì staccato il giorno in cui, dopo d’avere perduto una figliuola cara, perdette anche il dilettissimo figlio Don Francesco, ch’era già apprezzatissimo insegnante del Seminario bergamasco. Quel duplice lutto lo aveva prostrato: gli aveva tolto il gusto di vivere, dandogli quello di un silenzioso ritiro nella pace agreste della sua terra natale.

Nessuno più, da un paio d’anni, parlava di Donini come s’egli fosse già morto. Ma la notizia della sua repentina fine reale trovava fra i suoi numerosi ammiratori e amici una sensitilità così viva, così pronta, così angosciosa, da persuadere che un artista, quando è veramente eletto come lui, è sempre nel cuore di chi lo ha conosciuto, sentito e amato, anche se abbia dato addio innanzi tempo alla vita ed alle sue vane precarietà. I bresciani, tranne un piccolo gruppo di amici e di artisti, non lo conoscevano molto. Nessuno è profeta per la sua patria. Forse è dovuto anche alla sua modestia che lo aiutava a fare, non a comparire.

Era un artista all’organo, e un artista nella creazione musicale sacra. È un po’ difficile richiamare tutto quel che ha scritto.

Incominciò gli studi musicali a 16 anni, in età quindi abbastanza tarda e laboriosa, sotto la guida esperta del maestro Colleoni di Bergamo, rinomato e brillante organista della prepositurale di Verolanuova fra il 1880 e il 1890. Entrò quindi nel R. Conservatorio "G. Verdi" di Milano dove fu allievo del prof. Mapelli per gli studi di armonia, contrappunto e fuga, e del prof. Ferroni per la composizione. Nei tre esami finali annuali del Conservatorio il Donini si produsse con molto onore in tre generi diversi di alta composizione: nel 1° anno (1896) nel genere sacro con un Kyrie a 4 voci reali, nel 2° (1897) nel genere sinfonico con la scena descrittiva La sera, e nel 3° (1898), in cui ottenne il diploma di licenza, nel genere lirico con la Cantata La morte di Ermengarda sulle note strofe del Manzoni (Adelchi atto IV scena I). Nel medesimo anno 1898 vinceva il concorso "Bonetti" con l’opera in un atto Giuditta. Rimase al Conservatorio altri due anni per completare i suoi studi organistici e come libero docente di armonia, contrappunto e fuga e di organo, ottenendo la licenza nel 1900 dopo aver eseguito nella prova finale una sua fuga sul tema dello Stabat mater di Verdi, della quale il prof. Amintore Galli, autorevolissimo critico musicale, scrisse allora: "Questa fuga attesta nel giovane autore un valore musicale che s’impone".

Lorenzo Perosi, che apprezzava altamente le doti musicali del Donini, al quale restò sempre legato con viva e affettuosa amicizia, lo invitò a collaborare alla pubblicazione delle sue Melodie sacre, e in quel periodico, accanto a quelle di Perosi, di Mapelli, di Cervi, di Pozzoli che rappresentavano l’aristocrazia della nuova arte musicale sacra, apparvero le prime composizioni liturgiche del Donini e furono subito segnalate con grande simpatia per la genialità e la novità dell’ispirazione melodica e la originalità del contrappunto. Un critico illustre le definì "piccoli quadretti, sì, ma fini" e basta dire che tutta la musica di quella pubblicazione periodica era scelta e approvata da Lorenzo Perosi per rilevarne il valore.

Non si può dire ch’egli fosse secondo in ragione della propria genialità, né della propria straordinaria perizia di artefice della vocale polifonia sacra. No. Si deve, anzi, riconoscere ch’egli aveva tale rispetto dell’arte, da sentirsene trattenuto nella fertilità, se non proprio nell’estro. Ma quello che ha lasciato è più che sufficiente perché si possa affermare con tranquilla coscienza che dopo Lorenzo Perosi egli era, in Italia, il compositore sacro più elevato nel senso migliore dell’espressione. Ad attestarlo, infatti, bastano i suoi capolavori.

A tacere d’altre composizioni minori: le Sette Parole di N.S. Gesù Cristo in Croce, a tre voci miste con accompagnamento d’organo (Milano, Musica Sacra) ripetutamente eseguite durante le funzioni della Settimana Santa. la Missa Defunctorum "Filiis patriae inclitis" a sei voci e quartetto d’ottoni, la cui esecuzione, in suffragio dei Caduti della guerra libica, è stata, in Santa Maria Maggiore di Bergamo, uno degli avvenimenti artisti più memorabili di quest’ultimo trentennio; la Messa solenne in onore di S. Agostino, a quattro voci dispari con organo e orchestra eseguita ripetutamente nelle principali Cappelle d’Italia, Svizzera, Germania, Francia, Inghilterra e America; la Messa "Tu es Sacerdos" scritta per la consacrazione sacerdotale del figlio Don Francesco ed eseguita a Bergamo nella Chiesa delle Grazie; la Messa Funebre "Patri Pauperum" a due e tre voci uguali (Milano, Musica sacra), scritta in onore di D. Luigi Palazzolo e ripetutamente eseguita a suffragio delle anime dei benefattori della Congregazione di Carità di Bergamo; "Vexilla Regis" a tre voci; gli Offertori "Ave Maria" e "Assunta est Maria", l’Alleluia, il Tota pulchra a tre voci disuguali e organo (Bergamo, V Carrara) dedicata a Mons. Tranquillo Guarneri, la Cantata I fuochi di Loreto a 4 voci dispari e harmonium (ed. Bertarelli), il responsorio funebre In paradisum a 2 voci (Torino, M Capra) e numerosi altri pezzi minori, che ci è assolutamente impossibile elencare.

Il Donini, anche nella musica sacra, aveva spiccato ed esuberante temperamento lirico, lirismo composto, non fatuo né lezioso, ma lirismo solenne e commovente che veniva spontaneo dalla sua sensibilissima anima. Sapeva attingere con larghezza queste sue ispirazioni alle fonti inesauribili del canto gregoriano, che egli conosceva e gustava profondamente. Tutte le sue cantate d’occasione hanno temi gregoriani, usati con arte finissima e personale, come furono e sono usati da Perosi.

Queste sue doti genialissime avevano attratto il Donini verso il teatro lirico con la Giuditta già accennata, una Scomburga, drammatico soggetto bresciano nel tempo di Carlo Magno su libretto di Fortunato Rizzi, e un biblico Caino su libretto di Ferdinando Fontana. i tre soggetti avrebbero prestato al Donini l’occasione di rivelare anche in teatro le sue eccezionali doti di musicista religioso e sacro, ma forse egli intuì che il momento, malgrado i trionfali successi degli oratori perosiani, non era ancora propizio alla drammatizzazione teatrale di simili soggetti, e al teatro non pensò più, dedicandosi esclusivamente alla musica sacra e religiosa, nella quale si sentiva veramente al suo posto.

Per la Cappella musicale del nostro Seminario compose nel 1910 la Invocazione a S. Carlo a 4 voci pari con accompagnamento di pianoforte, organo cornette e contrabasso, su parole del prof. Fossati, eseguita in Duomo Vecchio per la commemorazione di San Carlo Borromeo, un Ecce Sacerdos magnus a 4 voci dispari e organo, dedicato a Mons. Gaggia "colla profonda riverenza di figlio, col compiacimento di concittadino" eseguito in Duomo nell’ingresso del vescovo (1914), l’offertorio Postula a me a 3 voci pari e organo per la prima festa di Cristo Re (1928) e l’offertorio Confirma hoc Deus a 3 voci pari e organo per la festa di Pentecoste (pubblicato nel vol. IX delle Melodie Sacre di Perosi).

L’Invocazione a S. Carlo s’intreccia sul contrasto di due temi: il corale luterano commenta le parole

…tu de la nordica
eretica furia oltr’alpe
raffrenasti le folli ruine

ma nella finale prorompe il tema dell’inno cattolico Cristo risusciti, accompagnato dall’organo, sulle parole

Deh! tu ritorna...
qual raggio che avvivi nel mondo
e la pace e la fede e l’amore

con un effetto grandioso ed impressionante.

Molte altre composizioni, sacre e religiose si conservano inedite nell’archivio musicale della Basilica di Santa Maria a Bergamo e presso la famiglia, e alcune di esse sono dei veri capolavori, per nobiltà di ispirazione, chiarezza di forma, solidità di struttura, vigore di andamento. Per trovare nella letteratura sacra, una pagina che dia l’elegiaco brivido dell’Introito della seconda Messa Funebre del nostro grande musicista scomparso, bisogna forse risalire a Cherubini! Egli aveva della composizione sacra un senso michelangiolesco. Donde l’ampiezza della sua suggestiva fraseologia e l’ascensionale solennità, a cupola, delle sue mirabili perorazioni.

Né meno artista egli era come improvvisatore all’organo o come insegnante. Bastava che ponesse le mani sulle tastiere per rivelarsi, in poche battute, organista nato. Bastava un quarto d’ora di lezione, perché l’allievo non refrattario ne rimanesse con la sensazione di possedere un nuovo segreto di armonia o di contrappunto.

Questo suo stupendo corredo di requisiti artistici non era in lui superato che dalla modestia, la quale rasentava esteriormente la trasandatezza. Modestia che lo faceva apparire scontroso, mentre era timido; che gli allontanava i superficiali, ma gli conciliava la devota simpatia di quanti sapevano intuire sotto la sua ruvida scorza una bontà senza limiti, tipo altamente aristocratico in arte e tipo perfetto del campagnolo nella vita, burbero, strapaesano, di gusti primitivi, che amava girare da solo in bicicletta e in maniche di camicia per le stradicciuole silenziose della sua campagna e andava al caffè del paese quando non c’era nessuno, che pregava col fervore d’un bambino e poi scaraventava magari una litania di parole grosse ma innocue contro tutti: anche in questo, temperamento esuberante e generoso, come nella musica che scrosciava dalla sua anima impetuosa e fanciulla.

Povero e caro Maestro! Sulla sua bara sono discese, come estremo saluto, melodie della sua Messa funebre magnificamente interpretate dalla Cappella di Santa Maria.

Noi bresciani possiamo giustamente andare orgogliosi di lui. Noi cattolici particolarmente possiamo essere lieti di saperlo e grande artista e buon cattolico.

 (don Paolo Guerrini)

 

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