Sant'Arcangelo Tadini                                 Angelo di Verola
Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI
proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II


da, Sermones,
Archivio Suore Operaie, Botticino Sera

(AI: Sermones, ASO Botticino Sera)

Scritti e Omelie

PANEGIRICO SULL'ASSUNTA

Omelia

Parrebbe a prima vista più giusto e conveniente che la Chiesa in quest’oggi ci invitasse a piangere, piuttosto che a rallegrarci. In quest’oggi la nostra dolce Madre Maria parte dalla terra, e ci lascia privi della Sua cara presenza. Ma no o cari, se noi ben pensiamo, dobbiamo assecondare l’invito di S. Chiesa e fare con essa festa e trionfo, poiché la morte della potente e gloriosa Regina dell’Universo dichiarerebbe sacrilego ogni lamento, profana ogni lacrima che si ardisse spargere sul suo sepolcro. Se noi amiamo questa nostra madre, ci dobbiamo congratulare più della sua gloria che della nostra particolare consolazione.

E qual figlio non si rallegrerebbe quantunque perdesse la madre, se sapesse che ella va a prendere possesso d’un regno? Maria oggi va ad essere coronata Regina del Cielo, e possiamo noi non far festa se veramente l’amiamo? Gaudeamus!

Al santo re Davide erano morti due figli. L’uno bambino innocente; l’altro empio, ribelle qual fu Assalonne. Per la morte dell’innocente figlio non sparse una lacrima, non un sospiro, anzi appena l’inesorabile falce della morte troncò il filo di quella vita, Davide subito si vestì a festa, chiamò la Corte, invitò il suo esercito, diede un pranzo. All’incontro per la morte dell’altro figlio malvagio Assalonne, si stracciò le vesti, si coperse di cenere, e mai cessava di gemere e singhiozzare dicendo: O Assalonne figlio mio perché non posso dare la mia vita per salvare la tua? E piangeva e piangeva inconsolabile.

Or quale stranezza è mai questa? Tanto piange Davide per la morte d’un ribaldo, che gli si era tante volte rivoltato contro, e che gli poteva far vacillare la corona sul capo; e nulla piange, anzi gode e fa festa per la morte di un innocente che forse sarebbe stato il sostegno della sua vecchiaia, la gloria del suo regno. Che vuoi dir questo? Eh non ve ne stupite risponde Sant’Ambrogio, che Davide ha tutta la ragione di far ciò che fece; piange per la morte dell’empio Assalonne perché dalla morte temporale passa alla pena eterna, dal mondo passa all’inferno, non piange la morte dell’innocente bambino perché questi è per lui principio di una beata eternità.

No, non è vero che la morte sia sempre spaventosa e terribile quale l’apprende il mondo; ella, dice S. Crisostomo, è nell’ordine delle cose indifferenti atte a recare bene e male. E siccome l’acqua da sé non è né dolce né amara, ma può essere dolce ed amara secondo il diverso liquore che vi si mescoli, così la morte siccome è temibilissima per i malvagi, così è piacevolissima per i giusti.

E siccome lo stesso fuoco nella fornace di Babilonia era di gran refrigerio ai tre innocenti fanciulli, ed insieme inceneriva i loro perfidi carnefici, così la stessa morte che reca somma pena ai peccatori, reca poi ai giusti una gioia eccessiva, Per questo i giusti non temono la morte, ma anzi l’aspettano e la bramano. Poiché siccome i giusti amano ardentemente Dio, così nulla più vivamente desiderano che vederlo e goderlo, e siccome sanno di non poter ciò conseguire senza la morte, si accendono col desiderio di essa e talora sono costretti ad esclamare con san Girolamo: "Vieni, vieni o morte porgimi la mano e liberami dall’impaccio di questo corpo.’ I giusti al sentirsi annunciare la morte vicina prorompono in voci di giubilo e di allegrezza.

S. Lorenzo Giustiniani stando vicino alla morte e sentendo i suoi famigliari che gli piangevano intorno disse loro: "Mandate altrove a piangere; se volete star qui meco avete da godere come io godo nel vedermi aprire la porta del Paradiso, ad unirmi col mio Dio".

Ragione ha dunque la Chiesa d’invitarci tutti in quest’oggi a gioire e far festa per la gloriosa Assunzione di Maria SS. in Cielo. Gaudemus adunque si Gaudeamus omnes in Domino. La nostra cara Madre in quest’oggi passa dalla terra al cielo, dall’esilio alla Patria, dalla schiavitù alla libertà, dal patire alla gloria. Miratela in qual dolcezza di Paradiso compie i suoi giorni mortali; vedetela in mezzo alle lucide nubi che la sollevano al Cielo, udite gli armoniosi concenti della celeste milizia che pomposamente la guida allo scettro ed al trono. Ella ebbra d’amore corre e si lancia tra i teneri baci e gli immacolati amplessi del suo Dio, e assidendosi in grembo alla gloria si cinge la fronte di quella preziosa corona che fin dalla eternità intrecciò per Lei la mano onnipotente dell’Altissimo.

Dove è dunque o morte la tua vittoria? Eh! Si cambiano in maestosi trofei le tue ferali insegne; la terra tutta celebra con inni di lode i trionfi della gran donna e benedice il giorno avventuroso e fidente che involandola alle sordidezze ed alle tenebre di quaggiù, l’adorna d’una luce immensa, e la colloca nelle dimore più sublimi dell’empireo. Grande argomento pertanto di letizia e di giubilo è quello che ci offre il mistero dell’Assunzione di Maria, celebrato oggi con tutta la pompa e solennità dalla Chiesa.

E per maggiormente consolarci io verrò presentando a considerare la maniera con cui seguì la morte di Maria, e quanto glorioso il trionfo con cui Ella salì al Cielo.

Dopo l’Ascensione di Gesù Cristo, Maria si fermò ancor per molti anni su di questa terra per attendere alla propagazione della fede. I discepoli ricorrevano a lei nei loro dubbi e Ella li confortava nelle persecuzioni e li animava ad affaticarsi per la divina Gloria e per la salute delle anime redente.

Sebbene Ella si tratteneva in terra, sapendo che tale era la volontà di Dio, non per questo non cessava di anelare al Cielo. In Cielo erano i suoi genitori, in cielo era il casto suo Sposo San Giuseppe, in Cielo era l’amabilisslmo suo Figlio Gesù; al Cielo erano adunque tutti i suoi desideri, e unica sua brama era che sciolta da questo corpo potesse entrare al regno; e siccome il cervo desidera la fonte così l’anima sua sospirava Gesù. Ed oh! che preci innalzava a Dio ripetendo con Davide: Chi mi darà penne di colomba per volare al mio Dio? ed ivi trovare il mio riposo? Ond’è che Iddio non volendo più differire la consolazione alla sua amata, chiama l’Angelo Gabriele, quello stesso che un giorno le portò l’avviso d’esser Ella la donna benedetta, scelta per Madre di Dio, e va, gli disse, va e dì a Maria che i suoi santi desideri sono esauditi, ch’io ti mando perché si prepari a lasciare la terra, che la voglio meco in Paradiso.

Gabriele subito s’accinse a portare la cara novella, e dalle eterne dimore spiccando il volo discese dalla Vergine di Nazareth. A questo felice annuncio che altro mai poté fare la nostra umilissima, e santa Vergine, se non ché maggiormente nascondersi nel centro della sua profondissima umiltà, e replicare quelle parole stesse che rispose all’Angelo allorché le annunziò la divina maternità. Ecce Ancilla Domini. Ecco la schiava del Signore; per sua bontà mi elesse per sua Madre, per sua bontà adesso mi vuole con sé in Paradiso. Né quello nè questo io meritava, ma Egli lo vuole: Ecce Ancilla Domini.

O grande e veramente straordinaria umiltà di Maria, che la rende piccola a sé stessa, ma grande agli occhi di Dio. Poiché essa già non è più quella povera e sconosciuta figlia che traeva taciti i dì in oscuro soggiorno quasi ignota ai viventi; essa ormai è già la Madre di Dio, e già ormai Ella ha diritto alla gloria, eppure al sentirsi chiamata al Paradiso, il primo sentimento di sua bell’anima, è l’umiltà, e quel consentimento che le fu chiesto da Dio essa lo pronuncia con un atto della più profonda umiltà. Ecco la schiava del Signore. Essa non si abbaglia alla prospettiva di tanto splendore, e quanto più si vede innalzata, tanto più si sprofonda, si umilia.

Oh quale rimprovero per noi Cristiani, quale vergogna non vi pare, veder Maria che pure era si grande, dotata di tante grazie e di tante virtù, e anche di tanti meriti, vederla, sì umile e a null’altro intesa che a nascondere gli immensi doni dei quali l’ha colmata il favore dell’Onnipotente, e noi invece che altro merito non abbiamo che i peccati commessi; altra virtù non possediamo che l’ingratitudine di non aver corrisposto alle grazie e ai doni di Dio, essere si alteri, sì superbi da vantare qualità e prerogative, che pur molte volte non abbiamo, o se le abbiamo non sono nostre.

Quale vergogna adunque per quei superbi che mentendo vi mostrano i loro meschini talenti, vogliono comparire nel mondo sopra gli altri, e coll’esclusione degli altri riscuotere essi soli gli applausi. Che scorgendo di troppi luminosi gli altrui meriti e virtù, si crucciano dentro se stessi, e non sono contenti finché non li abbiano oscurati, per poter essi soli risplendere.

Qual vergogna per quel superbo che confidando temerariamente in sé e nelle sue forze, crede sempre saperne di più, e ostinato nel non voler sottomettere la propria all’altrui opinione, non soffre d’essere contraddetto, di darsi per vinto, e quantunque abbia torto e, riconosca d’averlo s’impunta fuor di ragione e si reca a gloria la stessa ostinazione.

Qual vergogna per quei superbi figlioli che credendosi abili a tutto, non vogliono sentirsi corretti dai loro genitori, e perciò li vedete disobbedienti, caparbi, ostinati e tutto vogliono fare a proprio modo senza mai arrendersi e ascoltare la voce dei più vecchi, diventando così, ahi purtroppo, amaro martello dei loro parenti.

Qual vergogna per quelle superbe figliole che credendosi di qualche avvenenza o beltà dotate, se ne pavoneggiano, si mirano e rimirano, vanno e tornano centinaia di volte allo specchio per compiacersene; e lusingandosi di spiccare sopra tutte le altre, non vedono l’ora d’uscire di casa per esser vagheggiate e far di sé e della loro immaginata beltà superba pompa.

Qual vergogna e qual rossore per tutti quei superbi: ma perché vado lo funestando la mia immaginazione con sì tristi pensieri. Ah! no oggi la Chiesa c’invita a gioire, e godiamo ancor noi dell’allegrezza della nostra Madre, e non pensiamo a costoro. Gaudeamus omnes in Domino.

Ricevuto Maria sì caro annuncio, subito, subito si ritirò nella sua povera casa per prepararsi alla morte. Ma che dico io mai morte? E dovrà darsi un tal nome al dolce e breve sonno in cui si chiusero le sue pupille per riaprirsi ad un giorno perpetuo più liete e più risplendendenti degli astri. Languiva dunque Maria tra le vive fiamme d’amore già presso alla meta, fissi teneva immobilmente gli occhi al Cielo, sospirava il momento di veder a faccia a faccia il Sommo Bene, il suo Divin Figlio Gesù, e già gli Angeli venivano spesso a salutare la loro amata Regina, e a coprire il suo letto di vaghi fiori di Paradiso quando quello Spirito grande che altre volte trasportò d’improvviso Abacuc, il Profeta, in Babilonia e Filippo ad Azoto.., dalle varie contrade ove si erano dispersi, rapisce velocemente gli attoniti Apostoli, e li aduna intorno alla moribonda Vergine: ond’ella vedendosi tutti uniti intorno a sé quei cari, così da loro prese congedo: Compite sono o cari le mie brame, appagati i miei desideri; finalmente io vado al cielo.

Se io vi lascio però non vi lascio col cuore, esso non si dimenticherà mai di voi, ma in Paradiso io non farò altro che pregare per voi. A voi ancor resta d’affaticare in terra per la gloria del vostro Redentore, e per ricevere la vostra eterna corona; ma non temete ch’io non vi lascio per abbandonarvi, ma per maggiormente soccorrervi con la mia intercessione appresso Dio nel Cielo, lo sarò con voi e coi vostri successori, soccorrerò la Chiesa e quanti mi saranno devoti. Ella difatti mai non cessò colle sue preghiere per i suoi figli d’interporsi. Ella fu sempre per la Chiesa quella benefica stella che diresse la mistica nave. In Lei confidarono sempre i successori di Pietro; e in Lei ha tutta la sua speranza il vegliardo del Vaticano, l’illustre prigioniero. Egli in mezzo alle sue persecuzioni, in mezzo ai suoi travagli guarda a questa stella mattutina, e quantunque sia povero e spogliato d’ogni umano soccorso vede il trionfo della Chiesa.

Intanto Maria già sente nel cuore un gaudio foriero della venuta dello Sposo, che tutta la ricolma di una nuova immensa dolcezza. Gli Angeli a schiera venivano a trovarla, protestandosi pronti al gran trionfo con cui dovevano accompagnarla in Paradiso. Si consolava Maria alla vista di quei Santi Spiriti ma la sua consolazione non era completa. Ella aspettava l’amabilissimo suo Figlio Gesù. Fu rivelato a S. Elisabetta che Gesù apparve a Maria prima di spirare colla croce in mano, per dimostrare la gloria speciale ch’Egli aveva tratto dalla Redenzione, avendo colla sua morte fatto acquisto di quella gran creatura che per secoli eterni doveva onorario più di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli.

San Giovanni dice ch’Egli stesso la comunicò col Viatico dicendole con grande amore: "Prendi o Madre mia dalle mie mani quello stesso mio corpo che tu mi hai dato". Poi così Gesù si mise ad invitarla: "Su o Madre mia, mia bella e pura colomba lascia questa valle di pianto dove hai tanto sofferto per amor mio. Veni de Libano, veni sponsa mea, veni coronaberis. Vieni e coll’anima e col corpo a godere il premio della tua sarta vita. Vieni a sedere a me vicina, vieni a ricevere la corona, che ti darò di regina dell’universo."

Un insolito splendore e una celeste armonia s’intese allora nella stanza dov’ella giaceva, i Santi Apostoli s’avvidero, che Maria appunto allora partiva, onde rinnovarono le lacrime e le preghiere e alzando la mani in una voce dissero tutti: "O Madre nostra già te ne vai al Cielo e ci lasci, donaci l’ultima benedizione, non ti scordare di noi miserabili". E Maria rivolgendo gli occhi intorno a tutti, come per l’ultima volta licenziandosi: "Addio figli, - disse loro, - vi benedico, non dubitate, non mi scorderà di voi." E qual lampada che prima di finire fra quegli ultimi lampi di sua vita dà un lampo più grande, e poi spira: così Maria invitandola il Figlio a seguirlo, immersa nella fiamma del divino Amore, e in mezzo agli amorosi amplessi e sospiri, dà un sospiro più grande d’amore e muore.

Oh morte, se così si può chiamare questo felice passaggio. Oh morte beata, o morte preziosa. Ah fratelli, raccomandiamoci a questa grande

Vergine perché ci soccorra nell’ora della nostra morte. Oh in quel momento terribile come saranno grandi le nostre angustie, sia per il rimorso dei peccati commessi, sia per l’orrore del vicino giudizio, sia per l’incertezza della salute eterna. Allora specialmente s’armerà l’inferno, e s’affaticherà con tutte le sue forze per guadagnare la nostra anima, che passa all’eternità, sapendo che poco tempo gli resta a perderla per sempre.

Il demonio solito a tentarci in vita non si accontenterà di esser solo a tentarci in morte, chiamerà compagni ad aiutarlo. Ma se avremo Maria dalla parte nostra, che timore potremo avere di tutti i nemici dell’inferno? Maria è quella potente verga con cui restano vinte le violenze dei nemici infernali. Onde San Antonio ci anima dicendo: "Si, Maria pro nobis quis contra vos".

San Bonaventura dice che Maria in difesa dei suoi servi moribondi manda San Michele con tutti gli Angeli ad aiutarlo. Allorché un uomo esce da questa vita, si sconvolge l’inferno, e manda i demoni più terribili a tentare quell’anima prima di lasciare il corpo, e poi ad accusarla allorché deve quella esser presentata al tribunale di Gesù Cristo per essere giudicata; ma quando un’anima è difesa da Maria, dice un Santo, i demoni non hanno ardire neppure di accusarla, sapendo per prova che non è mai stata condannata un’anima patrocinata dalla sua gran madre. Onde scrisse San Girolamo che Maria non solo soccorre i suoi cari servi nella loro morte; ma di più loro viene incontro sul passaggio all’altra vita per animarli e accompagnarli al Divin Tribunale. E S. Vincenzo aggiunge che l’amorosa Regina riceve nel suo manto le loro anime, ed ella stessa così le presenta al giudice suo Figlio, e così certamente ottiene loro la salute.

Oh beati noi adunque se in morte ci troveremo legati dalle dolci catene della Madre di Dio! Queste catene sono catene di salute che ci assicureranno della eterna salute e ci faranno godere in morte quella beata pace, che sarà principio della pace e riposo eterno.

Un Santo Padre riferisce che avendo assistito in morte un gran devoto di Maria, intese da lui prima di spirare queste parole: oh! padre mio se sapeste qua! contento io sento, per aver servito alla SS. Madre di Dio. Non so spiegare l’allegrezza che sento in questo punto. Il Padre Suarez per essere stato molto devoto di Maria, morì con tanta allegrezza che diceva morendo: "Non avrei mai creduto che fosse sì dolce il morire".

Lo stesso contento od allegrezza senza dubbio sentiremo anche noi, se in punto di morte avremo amica questa buona Madre, la quale non può non esser fedele coi suoi figli che le sono stati fedeli a servirla ed ossequiarla, colle visite, coi rosari, coi digiuni e più coll’accostarsi spesso in suo onore ai SS. Sacramenti. Oh quale consolazione! Né questa consolazione sarà impedita per essere stati un tempo peccatori se da oggi in poi attenderemo a vivere bene, ed a servire questa gratissima e benignissima Signora. Ella, nelle nostre angustie e tentazioni che ci darà il demonio per farci disperare, ci conforterà sino a venire Ella stessa ad assisterci nella nostra morte.

Martino fratello di S. Pier Damiani, trovandosi d’aver offeso Dio, un giorno se n’andò davanti ad un altare di Maria per offrirsi come suo schiavo, ponendosi la sua cinta al collo in segno di schiavitù così le disse: Signora specchio di purità, io povero peccatore ho offeso Dio e voi, violando la castità, altro rimedio non ho che darmi a voi. Ecco a Voi mi dedico oggi per

servo: ricevete voi questo ribelle, non mi sdegnate. Indi lasciò sulla predella dell’altare certa somma di denaro, promettendo di pagana ogni anno in segno della sua servitù a Maria. In capo a qualche anno Martino venne a morte; ma prima di morire una mattina fu udito dire: alzatevi, alzatevi, fate riverenza alla mia Signora. Oh che grazia è questa o Regina del Cielo che voi vi degnate di visitare questo povero servo? Beneditemi o Signora e non permettete ch’io mi perda dopo che mi avete onorato della vostra presenza. Raccontò egli al fratello la venuta di Maria, lamentandosi che quelli che l’assistevano non si erano alzati alla presenza di Maria, e poco dopo placidamente spirò.

E se mai allora troppo ci spaventeremo, mancando di confidenza a vista dei peccati fatti, ella verrà coll’animarci come venne ad Alfonso Conte d’Alsazia, il quale avendo lasciato il mondo ed essendosi fatto religioso, fu gran devoto della Madre di Dio. Ridotto alla fine dei suoi giorni pensando alla vita condotta nel secolo, al governo dei vassalli, al rigore del divino giudizio, cominciò a temere la morte, per dubbio della sua eterna salute. Ecco allora Maria che mai non dorme sulle angustie dei suoi devoti, accompagnata da molti Santi si fece presente al moribondo e rincuorandolo gli disse queste tenere parole: O Adolfo carissimo tu sei mio, a me ti sei dato, ed ora perché tanto temi la morte? Tutto si sollevò il servo di Maria a tali parole, sparì ogni timore, e con gran pace e contento se ne morì.

Animiamoci anche noi o cari benché peccatori ed abbiamo questa confidenza che Maria verrà ad assisterci in morte e consolarci colla sua presenza se noi la serviamo con amore nella vita, che ci resta su questa terra.

Ed oh qual consolazione sarà per noi in quel terribile momento dal quale dipenderà o la nostra vita o la nostra morte eterna, vederci vicina la Regina del Cielo che’ ci assiste e consola colla sua intercessione. Consoliamoci adunque o cari, e facciamo festa perché oggi la Vergine SS. morendo vinse e debellò la morte, che umiliata abbassò le armi e rispettò la tomba dell’ammirabile Genitrice.

Godiamo e consoliamoci! Gaudeamus, perché in quest’oggi Maria SS. se non per propria virtù come Gesù, ma certo per la sovrabbondanza della grazia di Dio, poté animare le sue venerabili spoglie, indegne di rimanere nel sepolcro, ed essere così trasportate dagli Angeli sulle loro ali al Cielo.

Godiamo ed esultiamo o cari. Gaudeamus poiché Maria ci ha dato a conoscere come la morte non sia il peggiore dei mali, e che se vogliamo possiamo incontrarla dolce e soave, col farsi suoi devoti; ma una vera devozione non già che consiste sol nel recitare qualche breve orazione, essere ascritto a qualche sua Confraternita, recitare il Rosario od altro. Cose queste tutte buone ma se si lasciano sole a nulla valgono. Anzi se alcuno riponesse tutta la sua confidenza in Maria per queste semplici devozioni volendo poi condurre una vita a seconda delle proprie viziose inclinazioni e proseguire nel peccato, tal devozione diventerebbe temeraria e presuntuosa, ingiuriosa a Dio ed indegna della sua Madre, poiché sarebbe un pretendere con ciò che Maria SS. proteggesse il vizio e la indegnità. Maria è il rifugio dei peccatori, ma di quelli che furono pur grandi peccatori, ma che vogliono emendarsi e ricorrono a lei per ottenere la grazia della morte. Ma quelli che sanno di essere in colpa, e non vogliono abbandonare quei pericoli, quelle occasioni, non vogliono lasciar quelle pratiche, restituire quella roba, deporre quegli odi, quelli insomma che sperano e vogliono salvarsi per qualche devozione a Maria anziché trovare nella morte il sollievo, avranno la disperazione.

Quanto sia stato glorioso il trionfo di Maria nell’essere assunta al Cielo è difficile l’immaginarlo e direi quasi impossibile descriverlo, poiché alla ammirabile Assunzione di Maria, il Cielo tutto si mosse a venirle incontro, non fu già un gruppo di Angeli ma venne ad accompagnarla il Re medesimo con tutta la corte celeste. E appunto a tal fine dice S. Anselmo, il Redentore volle ascendere al Cielo prima che vi pervenisse la Madre, non solo per prepararle il trono in quella reggia, ma ancora per far più gloriosa la sua entrata in Cielo, con accompagnarla Egli stesso unita a tutti gli spiriti beati. Quindi S. Pier Damiani contemplando lo splendore di questa Assunzione di Maria al Cielo dice che la troveremo più gloriosa dell’Ascensione di Gesù Cristo al Cielo poiché al Redentore solamente gli Angeli vennero ad incontrarlo, ma la Beata Vergine andò alla gloria coll’incontro e corteggio dello stesso Signor della Gloria, e di tutta la Beata compagnia degli Angeli e del Santi. E, oh potessi io rendere paghe le vostre brame devote, e la pomposa e festevole assunzione della gran Vergine al Cielo in luminosa scena mostrarvi.

Ecco Gesù le porge la mano ed essa maestosa e giuliva al diletto suo Figlio appoggiata, eccola già s’alza in aria, già passa le nubi e passa le sfere. Eccola essa è già alle porte del Cielo.

Presto, presto, gridano gli Angeli che l’accompagnano presto o Principi levate e togliete le porte, perché deve entrare la Regina della Gloria.

Ecco già entra Maria nella Patria beata. Ma quegli spiriti celesti al vederla entrare sì bella e gloriosa, stupefatti domandano: E chi è mai questa Creatura così vaga che viene dal deserto della terra, luogo di spine e triboli; ma questa viene si pura e si ricca di virtù, appoggiata al suo diletto Signore che si degna Egli stesso accompagnarla con tanto onore? Chi è? Ed altri rispondono: Questa è la Madre del nostro Re; è la nostra Regina; la benedetta fra le donne, la piena di grazie, la santa dei santi, la diletta di Dio, l’immacolata, la colomba; la più bella di tutte le creature. E tutti quegli spiriti cominciarono cantando a benedirla e lodarla meglio di quanto dicevano gli Ebrei a Giuditta: "Tu gloria Jerusalem, tu letizia Israel, tu honorificentia populi: Signora e Regina nostra voi siete dunque la gloria del Paradiso, l’allegrezza della nostra Patria, voi siete l’onore di tutti noi; siate sempre la ben venuta, siate sempre benedetta, ecco il vostro regno, ecco noi tutti siamo vostri vassalli pronti ai vostri comandi."

Quindi vennero a darle il benvenuto e a salutarla come loro Regina tutti i Santi che allora stavano in Paradiso.

Vennero tutte le Sante Vergini. Noi, dissero, o beatissima Signora siamo regine di questo regno, ma Voi siete la Regina nostra perché Voi siete stata la prima a darci il grande esempio di consacrare la nostra Verginità a Dio, noi tutte vi benediciamo e ringraziamo.

Indi vennero i Santi Confessori a salutarla come loro maestra, che aveva loro insegnate tante belle virtù colla sua Santa vita.

Vennero ancora i Santi Martiri a salutarla come loro Regina, perché colla sua gran costanza nei dolori della passione del Figlio aveva loro insegnato ed anche impetrato con i suoi meriti la fortezza a darla vita per la fede.

Venne anche S. Giacomo che solo degli Apostoli si trovava allora in Paradiso, a ringraziarla da parte di tutti gli altri Apostoli di quanto conforto ed aiuto aveva Ella dato loro stando sulla terra.

Vennero i profeti a salutarla e benedirla come l’alto soggetto dei loro vaticini; la benedirono i Patriarchi come ben nato germoglio di loro stirpe.

Vennero i Re a benedirla come ornamento e lume dei loro diademi.

Ma fra costoro con affetto maggiore vennero a ringraziarla i nostri primi padri Adamo ed Eva, e benedirla qual riparatrice del danno da loro fatto al genere umano e qual portatrice della benedizione da essi perduta per loro colpa.

Venne poi a baciarle i piedi S. Simeone ricordandole con giubilo quel giorno nel quale egli ricevé dalle sue mani Gesù Bambino.

Vennero Zaccaria e Elisabetta, nuovamente ringraziandola di quell’amorosa visita, che con tanta umiltà e carità fece nella loro casa, per cui ricevettero tanti tesori di grazie.

Venne S. Giovanni Battista a ringraziarla d’averlo santificato per mezzo della sua voce.

Ma oh con qual maggior tenerezza vennero a salutarla i suoi cari genitori Gioacchino ed Anna; e sii benedetta le dicevano che ci procurasti la bella fortuna d’avere per Regina la nostra stessa figlia.

Ma chi potrà poi comprendere l’affetto con cui venne a salutarla il casto suo Sposo S. Giuseppe? Chi mai potrà spiegare l’allegrezza che provò il Santo Patriarca nel vedere la sua Sposa giunta in Cielo con tanto trionfo e fatta Regina di tutto il Paradiso? Con qual tenerezza dovette Egli dire: Oh Signora e mia Sposa quando mai potrò giungere a ringraziare quanto devo il nostro Dio dì avermi fatto sposo di Voi, che siete sua vera Madre? Per voi io meritai in terra di assistere alla fanciullezza del Verbo Incarnato, di averlo tante volte tra le braccia e di riceverne tante grazie speciali. Siano benedetti i momenti che spesi in vita a servire Gesù, e voi mia Santa Sposa.

Ecco il nostro Gesù, consoliamoci che ora non giace steso in una stalla sul fieno, come noi Io vedemmo nato in Betlemme; non vive già povero e disprezzato in una bottega, come un tempo visse con noi in Nazareth, non già sta assiso su d’un patibolo infame, com’Egli morì per la salute del mondo in Gerusalemme, ma siede alla destra del Padre, qual Re e Signore del Cielo e della terra. Ed ecco che noi, Regina mia, non ci separeremo mai più dai suoi santi piedi, a benedirlo e amarlo in eterno.

Vennero a salutarla tutti gli Angeli ed Ella la gran Regina li ringraziava della loro assistenza prestatale sulla terra.

Indi genuflessa l’umile e Santa Vergine adora la Divina Maestà, e tutta inabissata nella cognizione del suo nulla, al primo ordine degli Angeli giunta, trovandosi contenta e null’altro desiderando si fermava a quello senza cercare altro.

Ma dal suo trono l’Onnipotente le grida: "Ascende superior". Ella si protesta indegna; ma la voce dell’Eterno continua: "Ascende, ascende superior". Cento e cento forme di celesti spiriti fulgido oro e di gemme folgoranti messi in bella ordinanza disposti le fanno ala d’intorno. Ella passa gli Angeli, gli Arcangeli, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà, e ad ogni passo Ella si ferma credendosi già troppo in alto, ma quella voce continua: "Ascende, ascende, superior". Passa i Cherubini, arriva ai Serafini, la voce continua: "Ascende, ascende superior" Un passo ancora eccola al Gran trono. La Triade Augusta si muove e tutta pone in opera l’Onnipotenza sua a premiare, ad esaltare, a coronare il merito, la virtù, la santità di questa impareggiabile e perfettisima Creatura.

Il Padre la chiama a parte della sua potenza, il Figlio della sua Sapienza, lo Spirito Santo del suo amore, e tutte tre queste Divine Persone collocando il suo trono alla destra di Gesù la dichiarano Regina Universale del Cielo e della Terra; comandano agli Angeli e a tutte le Creature che la riconoscano per loro Regina, e qual Regina la servano e la ubbidiscano.

Oh! che gloria! Oh che trionfo!

Del resto o cari se per avviso dell’Apostolo, né occhio vide, né orecchio udì, né mente umana immaginare seppe giammai le grandi ed eterne cose preparate da Dio al minimo dei Suoi eletti, come ragionare ed intendere noi potremo i premi, le corone e la gloria di cui in Cielo, ricolma dev’essere la Vergine Madre Divina?

 AI: "Sermones", ASO Botticino