Sant'Arcangelo Tadini                                 Angelo di Verola
Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI
proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II


da, Sermones,
Archivio Suore Operaie, Botticino Sera

(AI: Sermones, ASO Botticino Sera)

Scritti e Omelie

I SANTI E LA SANTITA’

Omelia

La Chiesa, dopo aver impiegato le più forti ragioni per indurci a condurre una vita virtuosa, dopo averci posto dinanzi gli occhi i diversi misteri dell’uomo-Dio, dopo averci invitati or alla capanna di Betlemme o all’officina di Nazareth or sulle cime del Golgota, dopo averci dipinti coi più veritieri colori le brutture del peccato, l’enormità del medesimo e i castighi che ne derivano per muoverci a detestarlo ad odiarlo, dopo averci più e più volte presentato la bellezza e la necessità della virtù e i vantaggi che se ne ricavano esercitandola, vedendo i suoi ingrati figli sempre sordi alla sua voce, imbrattati di peccato, non curanti di virtù, solo intenti agli interessi ed all’acquisto delle caduche ricchezze, fa un ultimo sforzo e un ultimo tentativo per tirarci sulla retta via del giusto e dell’onesto. Sì, la Chiesa in quest’oggi, ci apre il Cielo, e ci mostra la gloria e la felicità di tutti i Santi, dicendoci: Sappiate che quel Paradiso che godono adesso i beati, Iddio l’ha creato apposta per te, a te pure l’ha promesso e te lo darà se lo vuoi davvero.

Chi lo vuole, il Paradiso è suo. Siete poveri, ciò non importa, perché per andare in Paradiso non ci vuoi ricchezza. Siete nobili, non importa, per andare in Paradiso non ci vuoi nobiltà. Siete ignoranti, neppure questo importa, per andare in Paradiso non c’è bisogno di scienza.

"Il Servizio di Dio" ecco ciò che ha popolato il Cielo di Santi. Date un’occhiata, enumerate se potete il numero veramente straordinario di quegli spiriti beati. Essi furono come noi siamo Tra quei santi si trovano vecchi cadenti sotto il peso degli anni, giovani nel fior dell’età, donne, uomini d’ogni condizione, d’ogni età e d’ogni stato che, osservando fedelmente i comandamenti di Dio, arrivarono ad acquistarsi una corona che non marcisce. E questa corona la posseggono da anni e anni e la godranno per tutti i secoli.

Noi approviamo la condotta di questi santi, ne sentiamo quasi direi una santa invidia e andiamo gridando: Beati loro, beati loro! Ma perché non aspiriamo anche noi a quel termine "beati" a cui essi giunsero? Perché non lavoriamo anche noi come essi per arrivarvi? Sì, noi non siamo ospiti stranieri, ma concittadini dei Santi e familiari di Dio; noi siamo creati per il paradiso, la nostra patria è il Cielo, noi vi abbiamo diritto.

Godete sì, godete ed esultate, poiché in Cielo per voi è preparata una grande ricompensa. Dio sarà il vostro premio.

Ma questo premio, questa mercede, questa ricompensa bisogna guadagnarsela. Alcuni credono però che vi si possa giungere senza fatica

Apriamo le Sante Scritture e vediamo ciò che Dio dice a questo proposito. San Paolo nella lettera ai Corinti paragona i predestinati a coloro che nei giuochi pubblici corrono, combattono e lottano per acquistare la corona; Molti sono quelli che si cimentano al pallio, eppure uno solo è colui che l’ottiene.

Una verità però di sì alto rilievo, non conveniva che fosse da alcuno promulgata più chiaramente che da Gesù Cristo stesso: "Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti". Con questa sentenza evangelica Gesù conclude due delle sue magnifiche parabole. Ma quasi che non avesse detto abbastanza, nel cap. VII di S. Matteo, Egli dice: "Larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione e molti sono quelli che per essa entrano negli abissi, erta è la via e angusta è la porta che conduce alla salvezza e pochi sono quelli che la trovano. Sforzatevi adunque - continua in San Luca - " sforzatevi d’entrare per la porta stretta perché molti cercheranno d’entrarvi, ed io vi dico in verità che non vi entreranno", né vi potranno entrare, perché a entrare per tal porta ci vuole uno sforzo grande."

Orbene o cari, poteva Gesù Cristo parlare più chiaro? Poteva esprimere in termini più precisi una verità sì importante? Ben l’intesero tutti i Santi che oggi la Chiesa presenta alla nostra venerazione, i quali si diedero con sacrifici a praticare la virtù, violentando la propria natura e facendo generosi sforzi. Quante difficoltà superarono, quante ripugnanze vinsero! Essi hanno represse le loro passioni, castigata la loro carne, espiati con lunghe e rigorose penitenze i peccati che sventuratamente avevano commesso. Essi non credettero mai che a cancellare le loro colpe bastasse una confessione per usanza, come usano molti cristiani che credono di confessarsi bene solo recitando in qualche modo le proprie colpe, senza punto badare alla tanta necessaria conversione del cuore, senza neppur pensare che conviene odiare il peccato, e odiarlo sopra ogni male, e risolversi a non volerlo più ricettare nell’animo; poiché si deve col peccato aborrire e insieme detestare tutte le occasioni prossime di ritornare a commetterlo.

I Santi non s’illudevano, come generalmente si fa oggi intorno alle leggi del digiuno, dell’astinenza delle carni; non s’illudevano sul precetto della elemosina, del perdono dei nemici, della santificazione della festa e dei doveri del proprio stato. No o cari, essi non si sono formati della vita cristiana una idea sì falsa ed erronea, come purtroppo se la formano tanti ai nostri giorni. E così meritarono di far parte del piccolo numero degli eletti e di entrare nel gaudio del Signore. E noi pure o cari, se vogliamo acquistare l’eterna felicità, ci conviene imitare i santi nella loro condotta. Il Cielo è il più grande di tutti i beni; chiunque Io possiede è felice per sempre, ma è un errore, è un accecamento il credere che non vi debba costare nulla l’acquisto d’un tesoro così prezioso.

Il Capo dei predestinati, il Santo dei Santi, Gesù Cristo nostro Signore, non è entrato nella gloria se non dopo aver patito molte tribolazioni e pene; nessuno dopo di lui vi è entrato per altra via, e neppure noi lo potremo.

Osservate la vita regolata ed esemplare, quella vita pura ed austera, quella vita devota e fervorosa che i santi hanno menata: quale orrore avevano essi del peccato! Qual disprezzo dei piaceri del mondo! Erano continuamente in guerra contro tutto ciò che potesse macchiare il loro cuore, ponevano maggior attenzione nell’adempimento dei loro minimi doveri, vivevano occupati sempre dell’importante affare della loro salvezza, combattevano continuamente le loro passioni, e sempre più assidui e fervorosi si mostravano nella preghiera.

Ecco quel che furono i santi nella loro vita sulla terra. E noi contentandoci di fare quel che facciamo, pretenderemo di giungere a quel Paradiso che essi godono? No, non ingannatevi, o cari, il Paradiso bisogna guadagnarselo. Il Regno dei Cieli si acquista con la forza e solo coloro che si fanno violenza lo possiedono. Voi vi spaventate, voi vi intimorite a tali verità ed io godo del vostro timore, sperando che sia un timore santo, un timore giusto, un timore efficace. E’ meglio spaventarsi adesso che siamo in tempo a rimediarvi col mutare vita e mettersi davvero a guadagnare il cielo, che spaventarsi poi. I dannati all’inferno ben conoscono il gran male che fecero non impegnandosi in vita ad acquistare la gloria eterna. Se potessero ritornare in vita, quanti sacrifici, quante fatiche non sosterrebbero per guadagnarsi il Paradiso, ma ora non hanno più tempo. Nel cadere nell’inferno si spaventarono, ma a che vale il loro spavento? Voi invece questo tempo di conversione l’avete! Ah, imitiamo i Santi nell’acquisto della Patria Celeste!

Verrà un giorno e verrà presto nel quale tutto sarà terminato per voi, allora voi benedirete le umiliazioni, le croci, i patimenti, e andando al Cielo benedirete i passi che avrete fatti per Iddio, benedirete Coraggio adunque, un’occhiata al Cielo e poi avanti.

Ma è impossibile salvarsi? No, per chi vuole non è impossibile, ma anzi diventa facile, dolce e soave. Dolce è il giogo del Signore e soave è il peso suo.

Falsa è purtroppo nel mondo l’idea della santità.

Alcuni la credono tanto facile che ad acquistarla non occorra, fatica. Credono che per essere santi e salvarsi, basti fuggire certi vizi più materiali e degradanti, che fanno perdere anche nel mondo la stima e l’onore. Credono che basti praticare qualche morale virtù senza guardare più in là. Dicono che per essere Santi basta non ammazzare, non rubare, non diffamare il prossimo. Basta non disturbare chicchessia, tendere alla propria famiglia, ai propri interessi, ascoltare la Messa alla Festa, fare un po’ di elemosina.

Molti invece immaginando la santità come impossibile perdono ogni coraggio, e insieme abbandonano la dovuta speranza di poterla acquistare. Immaginano che per esser santi occorra fare cose straordinarie. Credono sia necessario separarsi interamente dal mondo; che per acquistare la santità occorra ritirarsi nei deserti e fare le più austere penitenze e le più lunghe preghiere; credono sia necessario praticare le più dure mortificazioni, far dei miracoli, e intanto con questi chimerici e falsi concetti in testa abbandonano la santità dicendo: non è per noi.

Questi due principi sono ugualmente perniciosi alla nostra salute e affatto contrari alla santità; poiché il primo guida al rilassamento ed a una funesta sicurezza, il second9 mena alla disperazione. No o cari, non illudiamoci dirò ai primi, la Santità non si acquista che colla forza e solo quelli che fanno violenza la possiedono. Non temete dirò ai secondi, la via del cielo non è poi così scabrosa. Leggero e soave è il giogo del Signore.

In che consiste adunque la santità?. ..La santità consiste nell’amare il Signore con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente, con tutta l’anima nostra. Lo disse Gesù Cristo nel suo Vangelo: Ama il Signore tuo Dio. Ecco ciò che basta per esser santi: Amare il Signore. Questa sublime, questa eccelsa regina delle virtù fu essa che popolò il cielo di santi. Essa che produsse tante sublimi azioni. Essa che generò tante anime a Dio sì care. Essa che diede alla terra e al cielo quella innumerevole schiera di eroi, che la Chiesa in quest’oggi onora con culto speciale. Sì o cari, tutti i Santi che veneriamo sugli altari, sono tutti in cielo per l’esercizio di questa sublime virtù. Senza di questa anche tutte le altre virtù perdono la loro bellezza, s’offuscano valgono a nulla. Questo è quello che intendo presentare alla vostra considerazione in quest’oggi, facendovi conoscere, quanto più chiaro potrò, come l’amor di Dio sia il principio, la base, il fondamento della santità.

Allorquando io dico che la santità consiste nell’amare Dio, non intendo già che questa sola sia la virtù comandata e necessaria al Cristiano, sarebbe eresia il pensare che non vi sia altro precetto che questo; ma solo io dico che l’amor di Dio è la base e il compimento di tutte le altre virtù, il principio e il fine di tutti i nostri doveri, solo io dico che l’amor di Dio opera su tutte le virtù quello che opera la luce sugli oggetti materiali e corporei; in quella guisa che se non vi fosse la luce, il mondo e tutte le cose create, sarebbero come non fossero. Così se manca l’amor di Dio, ci assicura l’Apostolo Paolo, tutte le altre virtù, la fede, capace di trasportare i monti da un luogo all’altro; la beneficenza, che con ilarità si spoglia d’ogni cosa per il vantaggio dei bisognosi; lo zelo che porta al martirio; le grazie più distinte, il dono dei miracoli, delle profezie, delle lingue, della scienza di tutti i misteri tutto si risolve in niente, serve a niente e non è che suono che si sparge e si perde nell’aria e ci rende simili ad un bronzo che suona, ad un cembalo che tintinna.

Essendo la santità la cosa più nobile e più augusta che vi sia al mondo, essa deve avere un principio che sia degno di sé, deve venire dalla perfezione medesima, figlia del Cielo, deve risalire alla sua prima origine nè mai fermarsi che in Dio. E difatti sarebbe santità se all’uomo solo si riferisse? Se non ha relazione con Dio può essere santità? Se io per umani rispetti adempio i doveri che mi appartengono mirando solo a me ed ai miei simili, fossero pur grandi le mie azioni, fossero pur degne di lode, quale Santità rimarrebbe? Una santità, se così si può chiamare, contaminata sotto varie sembianze nel suo principio che è l’amor proprio, una santità che porta seco il vizio nella sua origine e quanto più si estende tanto più si guasta e corrompe. A un ricco signore, andando per le contrade di Costantinopoli, gli si presenta un povero domandando la carità. Quegli si arresta e Io guarda, ma vedendo un uomo cencioso ed abbietto, senza ascoltarlo e soccorrerlo, tira innanzi. Il mendico allora con alta voce grida: "Deh, carità al povero Belisario".

All’udire il nome di Belisario, di quel favorito dell’imperatore, del vincitore di tante nazioni, d’un capitano tanto meritatamente famoso e poi così ridotto a domandare l’elemosina, attonito il ricco si ferma, lo mira s’intenerisce e piangendo sulle disgrazie di quell’anima grande, gli è largo d’oro. Fu virtù questa? Fu carità? Non già. Dopo d’averla negata all’uomo, la diede all’eroe. Qual vantaggio avrà ricavato quel ricco dalla sua elemosina? Nulla. Presso Dio cosa avrà meritato? E per la sua anima? Nulla. Dunque non è santità per sé il largheggiare in elemosine, se manca il principio dell’amor di Dio, ancorché mi facessi povero per soccorrere gli altri, presso Dio non avrei alcun merito. Volesse il Cielo che simili avvenimenti almeno succedessero soltanto nelle barbare contrade dl Costantinopoli, dove non è ancor giunta la luce dell’Evangelo. Ma ahimè! che purtroppo si rinnovano e di frequente anche fra noi simili fatti che fanno vedere come poco importi ai Cristiani l’acquisto della santità, a tutti sì necessaria e indispensabile per entrare in Cielo.

Prode è quel soldato, ma per procurarsi onori; integro è quel Magistrato ma per riputazione; onesto e umano è quel negoziante, ma per interesse. Umile è quei contadino ma per orgoglio. Fedele è quella moglie ma per umani riguardi. Generoso è quell’artista ma per ostentazione. Grato è quel figlio ma per amor proprio, e così si credono perfetti modelli di virtù, e sono invece a gran pena seguaci d’una vanissima gloria.

L’uomo virtuoso merita fuor d’ogni dubbio onore e stima; ma se la virtù è sol cosa umana, e si concentra in sé stessa, e più non si leva che all’altezza dell’uomo, il suo pregio dilegua, scompare l’ammirazione e la riverenza. Molti per verità non fanno peccati, non commettono furti, non escono in vendette, ne in nessun modo danneggiano il prossimo. Ma per qual motivo, per qual fine? Per timore della giustizia o del mondo, o perché ad essi mancano i mezzi, il modo o il potere. Altri fanno lunghe orazioni, larghe elemosine e molte altre buone opere, ma per accattarsi la vana stima e riputazione degli uomini. Ve ne sono che si astengono da conversazioni, da giochi, da feste, balli, teatri ed altri spettacoli, e menano una vita sobria e frugale, ma per economia perché così torna a conto dei loro interessi. E intanto perdono tutto il merito e il frutto, senza fare per il Cielo acquisto alcuno.

Se Dio non è il principio e il fine di tutte le nostre azioni per quanto grandi e sublimi esse siano, si dovranno sempre chiamare scherzi e giochi dell’amor proprio, virtù per metà, virtù trasfigurate, che tutt’al più si ridurranno a meritare il misero encomio di non esser vizi. Non pretendo io perciò che sia vietato ascoltare le voci della natura, o degli affetti dell’animo verso le creature; e nemmeno pretendo che questo innato principio allorché si trova nella virtù, ne distrugga il merito tutto. Solo io dico che perché i nostri meriti e le nostre virtù provengano da Dio, non possono avere altro fine che Dio.

Perché la santità meriti sì bel nome e sia degna di Dio che la ispira, uopo è che si riferisca a Dio; non deve conoscere orgoglio salvo che per trionfare; non l’amor proprio che per santificarlo; non la natura che per farla perfetta; non l’uomo che per renderlo santo. Le azioni in apparenza più belle, qualora deviano dal loro vero principio, accrescono all’uomo la presunzione e la vanità, egli s’innamora di sé medesimo e facendolo comparire più grande non lo migliorano appunto.

Sì, o cari, per quanto intraprendiamo pratiche devote, salutari penitenze, per quanto esercitiamo virtù, per quanto soffriamo di fatiche, di stenti, di patimenti, se tutto ciò non è diretto dall’amore di Dio, e a Lui non si riferisce, non potremo essere salvi. L’amore verso Dio è quello Spirito Santificatore che rende degni di eterna ricompensa lo zelo instancabile degli Apostoli, l’invitta fortezza dei Martiri, il profondo sapere dei Dottori, l’illibato candore delle Vergini, l’austera penitenza degli Anacoreti, ed ogni altra maniera di santità cristiana. Che se questo manca, per quanto siano zelanti gli Apostoli, forti i Martiri, illuminati i Dottori, caste le Vergini, penitenti gli Anacoreti, Iddio quaggiù non li conterà giammai tra i suoi servi fedeli, né li ammetterà un giorno lassù in Cielo tra i suoi beati comprensori. Oh! quanti purtroppo sono quelli che nemici del proprio bene, contrari al proprio interesse, operano anche illustri azioni, che sole basterebbero per esser santi, senza invece acquistare presso Dio alcun merito. Vanno tutto il giorno suonando la tromba perché tutti sappiano quel che essi fanno cercando dagli uomini adulazioni e lodi alle proprie opere, e intanto non pensano che col suono della tromba, il frutto se ne va e pure il merito agli occhi del cielo, I fatti della mano destra non siano conosciuti dalla sinistra. Dio solo sia lo spettatore, Dio solo conosca le nostre azioni, perché Dio solo ce ne dia il premio.

Che dirò poi di coloro che non solo mancano del retto fine di piacere a Dio, ma anzi ne hanno uno tutto al contrario? Che dirò di coloro che si servono dei medesimi mezzi che il Signore ci ha dato in mano per santificare l’anima nostra, non già per amarlo ma per vilipenderlo e forse per strappargli dal seno anime redente con il suo preziosissimo sangue? Che dirò di coloro che fanno elemosina per poi sedurre quell’incauta persona, per sforzarla a secondare le sue malnate voglie? Che dirò di coloro che vengono alla predica, non per ascoltare la divina parola ma per cercare argomento a deridere il Ministro di Dio? Che dirò di coloro che vanno alla Chiesa e forse anche ai Sacramenti per fingersi buoni, per ottenere quel posto, per ingannare quella giovane perché gli dia la mano? Paecunia tua sit in perditione. Gettate al fuoco quell’infame prezzo. Cavate quella maschera o lupi vestiti di pecora, o sepolcri imbiancati e non vogliate più a lungo macchiarvi di tanta profanazione. Se non volete voi acquistare la santità e salvarvi, lasciate almeno che gli altri la possiedano.

Non intendo però che sia vietata la pubblica stima, l’amor di Dio non la toglie, ma bensì la modera e a santità la indirizza. Neppur dico che ove sottentra la gloria umana ivi cessi il merito tutto, che anzi l’amor di Dio fa che l’umile e modesto eroe della virtù divenga ognor più grande anche agli occhi del mondo. Ma solo sostengo che l’amor di Dio ci vieta di cercare come unico fine delle nostre azioni la gloria per noi, e vuoi invece che la meritiamo per Iddio, per piacere a Lui solo. Non a noi Signore, non a noi ma al tuo nome da’ gloria! Guai a noi se ci proponessimo solo di piacere agli uomini e desiderassimo non la gloria di Dio ma la sola gloria nostra!

Dio fa tutte le cose per sua gloria e se il firmamento e le stelle brillano in Cielo per annunciare la sua grandezza, se il sole nasce e risplende per illuminare e far conoscere le opere sue, se fin dal nulla uscì l’universo per manifestare la sua possanza; come deve esser che solo l’uomo, che è la creatura più nobile, riferisca la gloria a sé o ai suoi simili e non a Dio? Il firmamento e le stelle, il sole e l’universo prestano continuamente a Dio l’omaggio della loro sudditanza, lo riconoscono ad ogni istante per loro principio e fine e noi pretenderemo divenire santi e acquistare il Paradiso senza Dio? No, no o cari, dirò a coloro che credono l’acquisto della santità tanto facile, che non occorra fatica, no, non inganniamoci, poiché se Dio non è il motore delle vostre azioni, e a Lui non riferiamo tutta la gloria, per quanto facciamo di bene, non avremo mai fatto nulla per il cielo. Alla nostra morte, credendo d’andare in Paradiso, troveremo spalancate le porte dell’inferno. Si, se gli Apostoli sono in Cielo, non è già per le loro fatiche per i pericoli che incontrarono nella propagazione del Santo Vangelo, ma perché attribuirono a Dio tutta la gloria delle loro azioni. Se i martiri acquistarono la palma non è già per il sangue che sparsero, né per la morte che sostennero, ma per il loro sviscerato amore verso Dio.

Mi rivolgo a coloro che troppo timorosi credono non si possa acquistare la santità, e domando: E’ dunque impossibile diventare Santi?

Se io vi dicessi che per esser Santi foste obbligati ad abbandonare quanto avete ed amate al mondo, il vostro stato, la vostra fortuna, gli amici, la famiglia tutti quanti i piaceri godibili su questa terra, per non aver commercio che con Dio, pregarlo dalla mattina alla sera, non pensare che a Lui e menare la vostra vita nella solitudine e nella penitenza la più austera, avreste ragione di spaventarvi e di dire: La santità non è per noi". Ma non è questo o cari ciò che da voi si esige. La santità necessaria per arrivare al Cielo non ha nulla che non possa accomodarsi al vostro stato, alla vostra condizione qualunque essa si fosse. Tutte le arti e tutti i mestieri hanno in cielo il loro protettore, che è quanto dire: in qualunque posizione l’uomo si trovi può, volendolo, diventare Santo e salvarsi. Esercitate pure adunque la vostra professione, attendete ai vostri interessi, accrescete le vostre facoltà, date un benessere alla famiglia, amate pure i parenti e gli amici, adempite i doveri e i convenevoli della Società, date agli esercizi del corpo e ai sollievi dello spirito quel tempo che è necessario per l’uno e per l’altro; amate Dio e fate quel che volete, vi dirò con S. Agostino: Ama Dio e fa ciò che vuoi.

E sarà impossibile amare Dio, amare questo Essere veramente amabile? Sarà impossibile amare Colui che ci diede la vita e che ora con provvida mano ci sostenta? Sarà impossibile amare colui che con eccesso d’amore verso di noi si fece uomo lasciando la vita sopra un patibolo infame, che pure non contento s’annichilò sotto le specie sacramentali, per essere sempre con noi e arricchirci delle sue grazie? Sarà impossibile? Dico piuttosto che non volete amarlo e difatti che cosa può finalmente pretendere da Voi questo Dio? Eccettuato il male per cui ci rimorde la coscienza, e non potete aver mai pace, non vuole che quello che avete fatto fin qui, soltanto che operiate per motivi più nobili, più elevati, più degni d’un cristiano. Per esempio siete voi obbligati al lavoro, orbene adempite a questo dovere non per l’unico fine dell’interesse temporale, ma per obbedire a Dio che ci ha comandato di lavorare tutti con fatica per ottenerne la ricompensa in Cielo.

Potete voi disporre di qualche cosa in beneficio del prossimo? Orbene fatelo non già per quel semplice sentimento di compassione umana, né per vanità, né per ambizione o per proprio interesse e guadagno, ma per amore di Gesù Cristo. Insomma invece d’aver per fine nelle proprie opere l’ambizione e la vana gloria, fatele tutte a gloria di Dio, colla mira del bene pubblico, con uno spirito di carità e di sottomissione e allora voi santificherete tutte le vostre azioni. Diventeranno tutte opere buone riferendole alla gloria di Dio.

E vi sarà ancora chi dica che la santità è impossibile? Si, è impossibile la santità per chi vuoi unire l’ambizione coll’umiltà, la corruzione dei costumi colla purezza della legge divina, la luce colle tenebre, Dio coi demonio. E’ impossibile la santità per chi vorrebbe far violenza a se stesso e insieme vivere con libertinaggio. E’ impossibile la santità per chi vorrebbe perdonare le offese e nel medesimo tempo vendicarsi. Sì, è impossibile la santità per chi esige la mortificazione e insieme vuol sfogare le passioni. Ma per l’umile e modesto cristiano, che non ha il cuore gonfio d’orgoglio, ma è penetrato da vera umiltà, che cerca soprattutto i beni del cielo, che adempie fedelmente tutti i doveri del proprio stato, e che in tutte le sue operazioni intende piacere e dar gloria a Dio e acquistare la sua eterna salute, non vi è cosa più facile, quanto Il diventare santo, e salvarsi.

La santità che guida al cielo è nelle nostre mani. Se vogliamo possederla una sola cosa dobbiamo fare: "Amare Dio".

All’infuori del peccato fate qualunque cosa, sia pure anche indifferente per sé, sia pure inutile, fatela per amor di Dio e vi servirà a guadagnare il Cielo. Un solo bicchiere d’acqua dato in nome di Dio, una sola giaculatoria recitata ad onore di Dio, serve per acquistarci in cielo una grande corona. Anzi o cari, lo stesso mangiare, lo stesso dormire, i medesimi divertimenti, purché siano leciti ed onesti, fatti ad onore e gloria di Dio, sono di maggior vantaggio per l’anima che non l’esercizio di mille e mille virtù praticate per ambizione o vanità.

O Santo e veramente grande precetto dell’amor di Dio!

Tu sei veramente degno di quell’incarnata Sapienza.

Tu sei quello che ingrandisci la sfera delle virtù, tu solo che adorni l’uomo di santità, e ad innamorarsi di essa tu solo insegni.

Termino dicendo che se in vita non faremo acquisto della santità necessaria per salvarci dopo che il Signore ci ha dato nelle mani un mezzo sì facile per santificarci, sarà questo in morte il maggiore dei tormenti.

AI: "Sermones", ASO Botticino