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Tadini e la sua famiglia
Vorrei descrivere i momenti essenziali della vita e
dellopera del Beato don Arcangelo Tadini, parroco di Botticino Sera dal 1885 al
1912, uno dei sacerdoti più insigni del clero bresciano, per capacità spirituale e
sensibilità sociale, fondatore delle Suore Operaie di Nazareth, mediante un accorgimento
espositivo, cioè immaginando di inoltrarmi come in una piccola galleria di quadri,
davanti ai quali fermarmi ad osservare, a raccontare e a riflettere. Ben inteso: dei
quadri di stile antico, con raffigurate delle scene ben delineate, in cui le figure e le
scene sono di tipo illustrativo, non simbolico ed evocativo; chiaramente distinte,
disposte nei loro primi piani e negli sfondi immediatamente percepibili.
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Il primo quadro rappresenta il ragazzo Tadini circondato
dal papà e dalla mamma e dai numerosi fratelli.
Egli era il più piccolo, arrivato per ultimo dopo una
prima nidiata di figli, nata da Pietro (1790-1860) e Giulia Gadola (1801-1829) dal 1821 al
1829: Giuseppe Giovanni, Piera Paola, Luigia Elisabetta, Giuseppe Lelio, Clelia Angela,
Carolina Adelaide, Antonio Giovanni. Dopo la morte della signora Giulia, deceduta per
difficile parto a soli 28 anni, Pietro Tadini si risposò con Antonia Gadola (sorella
della precedente moglie), da cui nacquero: Giulio Alessandro, Amabile Elisabetta, Michele
Antonio e Arcangelo Caterino Battista, il Beato (nato il 12 ottobre 1846 e battezzato il
18 ottobre).
Il padre, originario di famiglia della piccola borghesia
locale, segretario comunale, non legato da interessi di ordine economico, e quindi
tuttaltro che di spirito conservatore, aderiva alle nuove idee di indipendenza dei
popoli, che si andavano diffondendo nella prima metà dellOttocento.
Quanto ai figli, Pietro Tadini prevedeva un avvenire
distinto; bisogna dire che ci teneva, dal momento che, quando il figlio Giuseppe Lelio
Alessandro (1825-1900), dapprima studente a Lovere, poi seminarista, fu espulso dal
seminario, perché aveva aderito agli ideali di Tito Speri, papà Pietro aveva pensato
bene di diseredarlo. Alessandro si era fatto amico del patriota bresciano, anchegli
seminarista nel 1846-1847, ma forse senza troppa prudenza; da qui la decisione del padre;
Alessandro prese unaltra strada, sposandosi con Margherita Contratti. Degli altri
figli maschi, Giulio Alessandro (1839-1909) compì gli studi elementari a Verolanuova e il
ginnasio a Lovere; anchegli entrò in seminario e fu ordinato sacerdote il 14 giugno
1862. Diventato curato a Verolanuova (1862-1876), fu trasferito a Roncadelle e passò a
Oriano nel 1900, parroco e vicario foraneo. Era di idee liberaleggianti, simpatizzante di
Bonomelli e sacerdote di grande beneficenza.
Michele Antonio (n. 1843), anchegli alunno al
collegio di Lovere, intraprese gli studi di giurisprudenza e segui la carriera militare.
Quanto alle figlie, esse seguirono la via delle donne di
quellepoca: si sposarono, o rimasero nubili; una, Elisabetta, divenne figlia di S.
Angela.
Il piccolo Arcangelo compare in questa numerosa famiglia,
come il piccolo Davide, che doveva essere obbediente a tutti, ma anche il più libero e
vivace, perché sicuro di essere oggetto dellaffetto dei suoi, che ricambiava, come
testimonia Pierina, figlia del già ricordato Alessandro Tadini: "Amava il gioco, ma
era però serio, semplice e schietto. In casa era obbediente, molto affezionato ai
genitori per i quali nutriva grande stima e venerazione".
Sullo sfondo del quadro della famiglia Tadini compare la
casa di abitazione, con una stanza dipinta a strisce tricolori, tanto da doverla barricare
al passaggio dei soldati austriaci. Più lontano divampano bagliori di guerra, quella del
1848 e, in particolare, delle dieci giornate di Brescia (1849) e del 1859 e 1866. Gli
ideali patriottici si erano diffusi nelle popolazioni e avevano conquistato anche numerosi
sacerdoti. Le autorità austriache consideravano il clero bresciano come una setta di cui
non fidarsi, sovversivo e sovvertitore delle popolazioni.
Il Seminario era diventato una centrale di cooperazione con
il comitato provvisorio del 1848.
Il canonico Pietro Emilio Tiboni, professore del seminario,
custodiva gli atti del comitato bresciano del 1848 nella biblioteca del seminario; altri
superiori lo coadiuvavano, come don Luigi Beretta e don Pietro Tagliaferri, rettore.
Alcuni sacerdoti si erano esposti, anche a rischio della
vita, fino a salire sulle barricate durante le dieci giornate.
(continua) |