Parrocchia angelodiverolaSan Lorenzo Martire in Verolanuova

Arcangelo Tadini

Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI | proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II

 


Ricerche di don Mario Trebeschi

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Tadini e la sua famiglia

Vorrei descrivere i momenti essenziali della vita e dell’opera del Beato don Arcangelo Tadini, parroco di Botticino Sera dal 1885 al 1912, uno dei sacerdoti più insigni del clero bresciano, per capacità spirituale e sensibilità sociale, fondatore delle Suore Operaie di Nazareth, mediante un accorgimento espositivo, cioè immaginando di inoltrarmi come in una piccola galleria di quadri, davanti ai quali fermarmi ad osservare, a raccontare e a riflettere. Ben inteso: dei quadri di stile antico, con raffigurate delle scene ben delineate, in cui le figure e le scene sono di tipo illustrativo, non simbolico ed evocativo; chiaramente distinte, disposte nei loro primi piani e negli sfondi immediatamente percepibili.

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Il primo quadro rappresenta il ragazzo Tadini circondato dal papà e dalla mamma e dai numerosi fratelli.

Egli era il più piccolo, arrivato per ultimo dopo una prima nidiata di figli, nata da Pietro (1790-1860) e Giulia Gadola (1801-1829) dal 1821 al 1829: Giuseppe Giovanni, Piera Paola, Luigia Elisabetta, Giuseppe Lelio, Clelia Angela, Carolina Adelaide, Antonio Giovanni. Dopo la morte della signora Giulia, deceduta per difficile parto a soli 28 anni, Pietro Tadini si risposò con Antonia Gadola (sorella della precedente moglie), da cui nacquero: Giulio Alessandro, Amabile Elisabetta, Michele Antonio e Arcangelo Caterino Battista, il Beato (nato il 12 ottobre 1846 e battezzato il 18 ottobre).

Il padre, originario di famiglia della piccola borghesia locale, segretario comunale, non legato da interessi di ordine economico, e quindi tutt’altro che di spirito conservatore, aderiva alle nuove idee di indipendenza dei popoli, che si andavano diffondendo nella prima metà dell’Ottocento.

Quanto ai figli, Pietro Tadini prevedeva un avvenire distinto; bisogna dire che ci teneva, dal momento che, quando il figlio Giuseppe Lelio Alessandro (1825-1900), dapprima studente a Lovere, poi seminarista, fu espulso dal seminario, perché aveva aderito agli ideali di Tito Speri, papà Pietro aveva pensato bene di diseredarlo. Alessandro si era fatto amico del patriota bresciano, anch’egli seminarista nel 1846-1847, ma forse senza troppa prudenza; da qui la decisione del padre; Alessandro prese un’altra strada, sposandosi con Margherita Contratti. Degli altri figli maschi, Giulio Alessandro (1839-1909) compì gli studi elementari a Verolanuova e il ginnasio a Lovere; anch’egli entrò in seminario e fu ordinato sacerdote il 14 giugno 1862. Diventato curato a Verolanuova (1862-1876), fu trasferito a Roncadelle e passò a Oriano nel 1900, parroco e vicario foraneo. Era di idee liberaleggianti, simpatizzante di Bonomelli e sacerdote di grande beneficenza.

Michele Antonio (n. 1843), anch’egli alunno al collegio di Lovere, intraprese gli studi di giurisprudenza e segui la carriera militare.

Quanto alle figlie, esse seguirono la via delle donne di quell’epoca: si sposarono, o rimasero nubili; una, Elisabetta, divenne figlia di S. Angela.

Il piccolo Arcangelo compare in questa numerosa famiglia, come il piccolo Davide, che doveva essere obbediente a tutti, ma anche il più libero e vivace, perché sicuro di essere oggetto dell’affetto dei suoi, che ricambiava, come testimonia Pierina, figlia del già ricordato Alessandro Tadini: "Amava il gioco, ma era però serio, semplice e schietto. In casa era obbediente, molto affezionato ai genitori per i quali nutriva grande stima e venerazione".

Sullo sfondo del quadro della famiglia Tadini compare la casa di abitazione, con una stanza dipinta a strisce tricolori, tanto da doverla barricare al passaggio dei soldati austriaci. Più lontano divampano bagliori di guerra, quella del 1848 e, in particolare, delle dieci giornate di Brescia (1849) e del 1859 e 1866. Gli ideali patriottici si erano diffusi nelle popolazioni e avevano conquistato anche numerosi sacerdoti. Le autorità austriache consideravano il clero bresciano come una setta di cui non fidarsi, sovversivo e sovvertitore delle popolazioni.

Il Seminario era diventato una centrale di cooperazione con il comitato provvisorio del 1848.

Il canonico Pietro Emilio Tiboni, professore del seminario, custodiva gli atti del comitato bresciano del 1848 nella biblioteca del seminario; altri superiori lo coadiuvavano, come don Luigi Beretta e don Pietro Tagliaferri, rettore.

Alcuni sacerdoti si erano esposti, anche a rischio della vita, fino a salire sulle barricate durante le dieci giornate.

(continua)


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