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Qual nome o fratelli possiamo noi pronunziare più dolce del
nome di Madre?
E chi mai potrà descrivere lamore della madre verso i
suoi figli? Quanto più pena per essi tanto più li ama, quanto più addolora, quanto più
sacrifica, tanto più li apprezza e li tien cari, per lei non ha ritegno ardua fatica, per
lei non ha terror orrida morte. Ogni altro amore naturale in certi incontri cede e vien
meno, ma lamore materno sempre trionfa, e par quasi che dalle pene stesse tragga
maggior forza e vivacità. Or è certo che lordine naturale e corporeo nella sua
stessa realtà è il simbolo e la figura dellordine spirituale e divino. E come può
mai concepirsi, senza ingiuriare allinfinita pietà, che Dio pei nostri temporali
bisogni, abbia voluto apprestarvi un rimedio, un soccorso, un aiuto, un sollievo, nella
nostra madre terrena, e che poi non abbia voluto fare lo stesso nei nostri spirituali
bisogni, e che non ci abbia dato la consolazione, il conforto lassistenza e la
mediazione di una Madre celeste? Si, o fratelli, noi in Cielo abbiamo una Madre di tutte
la più cara, la più amabile, la più potente, che è conforto agli afflitti, sollievo
agli infermi, speranza agli infelici, rifugio ai peccatori. Sì, Maria è nostra Madre,
Maria è la nostra Mediatrice.
Essa che è collocata in cielo tra il Creatore e la
creatura, tra Dio e luomo, partecipa per così dire della natura e della condizione
dentrambi. Partecipa di Dio per la santità, per la potenza e per la gloria
chElla gode in Cielo, partecipa delluomo, perché vestita anchEssa delle
umane spoglie, soggetta alle medesime necessità umane; partecipa del Creatore, che
dandoci lUnigenito suo Figlio ci ha rigenerati e creati ad una nuova vita e, come
canta la Chiesa nei suoi inni, - vita data per Virginem - la vita ci è stata data per
mezzo della Vergine. E così pure partecipa della creatura, perché con essa e come essa
creata da Dio e a Lui soggetta, gli obbedisce. Maria adunque è quella catena misteriosa
che ricongiunge e unisce insieme i due termini purtroppo estremi, col nodo indissolubile
nel forte legame, che mette daccordo, che stringe in un modo veramente straordinari,
lOnnipotente, lEterno, lImmenso, colla cenere, colla polvere, col nulla:
Dio colluomo, il Creatore colla creatura... è quella che come un altro nuovo Mosè
ha alzato le mani al Cielo e presentando allEterno Padre i frulli preziosi della
passione dellUnigenito suo Figlio, ha disarmato il braccio irato di Dio, ed ha
ottenuto a noi la remissione dei nostri peccati.
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Sta scritto nei Sacri Libri che appena il nostro primo padre
Adamo, adescato dalle parole e dalle lusinghe della sua compagna, ebbe commesso il
peccato, Iddio ne andò in cerca, lo chiamò a se con queste dolci parole - Adam ubi es? -
"Adamo, Adamo, dove sei?" Non era già la voce del Padrone che a sè chiama il
servo ribelle per punirlo, era la voce del Padre, che cercava il Figlio suo traviato, per
salvarlo. Infatti Dio non rimprovera Adamo prevaricatore, non gli dice, scellerato, empio,
che cosa hai dunque fallo? Lo chiama semplicemente pel Suo nome, per ispirargli fiducia,
per attirano alla sincerità del pentimento, allumiltà della confessione, a fargli
scorgere il perdono già vicino. Adamo però, vergognandosi di sua colpa, tremante di
spavento al suono stesso di quella voce amorevole del suo Signore, corse a nascondersi
colla sua compagna fra gli alberi del Paradiso, per sottrarsi alla Divina presenza. Da
quel momento i figli di Adamo, eredi del peccato, lo furono anche del suo timore. Non
ricordarono più il nome di Dio, se non tremando; e il timore di Dio dopo il diluvio
divenne il sentimento più comune dellumanità...
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Non era già quel timore di Dio che è principio della
Sapienza, che apre il cuore alla grazia, ma timore diabolico che ha per principio
lodio segreto di Dio, e per risultato labbrutimento delluomo. Cosicché
da questo timore, spinto a tutti gli eccessi, depravato in tutti i sentimenti del suo
cuore, divenuto un demone per la superbia, o un bruto per limpunità, un insensato
per la superstizione, luomo più non avea il coraggio di rialzarsi e giungere a Dio,
tolta per lui era ogni lusinga di salvarsi. Che dunque dovrà fare luomo? Dovrà
darsi in mano alla disperazione perché si vede allontanato per sempre da quel suo Bene
immenso, che è Dio, per lamore del quale egli è stato creato; che dunque non
dovrà più aprire il cuore alla speranza di avere almeno un giorno ad amare e godere? Si
o fratelli che possiamo, anzi dobbiamo averla. Ma e in chi?
In Maria, nella nostra Madre amorosa. Essa fu colei che,
come la mistica scala di Giacobbe, ricongiunse il Cielo alla terra. Quale dovrà essere
dunque il mezzo con cui luomo, caduto si abbasso, potesse rialzarsi, potesse
risorgere? Questo risorgimento far non si poteva, se non con mezzi al tutto contrari, a
quelli che in lui avevano cagionato guasti si profondi, rovine così deplorabili. Una
donna lo avea gettato nel profondo dellabisso, ma donna pure dovea essere la causa
del suo risorgimento. Non bastava adunque che Dio venisse alluomo, giacché
luomo a Dio non poteva andare, ma era necessario che Dio venisse alluomo in
qualità duomo, eguale alluomo, a fine di ispirare alluomo il coraggio,
la fiducia, la speranza di arrivare a Dio. Ma questo non si poteva effettuare, se non per
mezzo di una madre terrena, che somministrando le sue carni al Verbo Eterno, lo vestisse
delle sue spoglie medesime, lo nutrisse del suo sangue stesso.
E chi fu questa donna fortunata che poté diventare la Madre
di Dio? Era Maria. Essa fu difatti colei che, come la scala misteriosa di Giacobbe,
ricongiunse il Cielo alla terra, Dio alluomo: Essa fu colei che dandoci il Dio
Salvatore somigliantissimo alluomo, lo fece nostro amico, nostro compagno, nostro
fratello; Colei che lo fece discendere con noi alle dimostrazioni di famigliarità, di
confidenza, colei che insegnò allanima a chiamare Dio: mio diletto, mio bene, mio
tutto, mia delizia. Difatti appena che questa Madre Celeste ebbe dato alla luce
lUnigenito suo Figlio il mondo si scosse, luomo fu trasformato. Eva lo avea
fatto cadere nel fango, Maria lo raccolse, lo purificò, linnalzò fino alla
santità, alla gloria di Dio, al Paradiso....
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Maria è nostra Madre, ma non basta o fratelli che Ella
voglia essere nostra Madre, ora bisogna che anche noi vogliamo essere suoi figli e
soddisfare agli obblighi di figli. - Monstra Te esse
Matrem,- diceva un giorno S.Bernardo alla SS.ma Vergine. "Mostratevi nostra
Madre" e la Vergine gli rispose: "Monstra te esse filius" - "Dimostra
anche tu di essere mio figlio." Amiamola dunque questa nostra amorosa Madre che è il
mezzo migliore per farsi conoscere suoi figli, ma il nostro amore sia un amore puro, vero,
ardente e attivo, ingegnoso e disinteressato.
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Abbiamo se volete anche un po di timore, ma non quel
timore servile, mercenario di cui vi ho parlato, ma bensì quello che è come il pudore
dellanima, che è simile allamor rispettoso dun figlio, allamor
timido della sposa novella; che non esclude la confidenza, ma la sostiene, la nobilita e
la perfeziona. Cosicché confidando nella sua protezione, che a tutta ragione possiamo
chiamare Onnipotente, otterremo di poter godere qui in terra i benefici della sua
Maternità, e per lintercessione di questa Madre arriveremo alla patria beata del
Paradiso, che a tutti desidero.
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AI: "Sermones", ASO Botticino