Sant'Arcangelo Tadini                                 Angelo di Verola
Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI
proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II


da, Sermones,
Archivio Suore Operaie, Botticino Sera

(AI: Sermones, ASO Botticino Sera)

Scritti e Omelie

LA CARITA’

Omelia

Sapreste voi qual è quella virtù che si chiama per eccellenza la virtù regina?..

Quella virtù che è base e fondamento, principio e fine di tutte le altre virtù, fonte perenne di tutto ciò che vi è di più nobile, di più grande, di più caro a Dio, e più meritorio alle anime?...

Sapreste voi qual è quella virtù che qual sole novello stendendo il suo benefico lume sopra tutte le azioni le nobilita, le abbellisce, le rende degne della santità eterna?

Sapreste voi dirmi quale sia quella virtù che, al dire dell’apostolo Paolo, se manca, tutte le altre virtù, tutte le grazie più distinte, il dono dei miracoli, delle profezie, delle lingue, della scienza di tutti i misteri, si risolvono a niente, servono a nulla, non sono che una voce che si sparge e si perde nell’aria e ci rende simili ad un bronzo che suona, ad un cembalo che tintinna?

Qual è dunque questa sì eccelsa, sì sublime virtù?...

Essa è la Carità.

Ecco la più bella, la più eccellente delle virtù: la Carità.

Essa ha un principio che è degno di sé, viene dalla preghiera. Figlia del cielo risale alla sua prima origine né mai si ferma se non in Dio.

Essa è degna di Dio e a Dio solo si riferisce perché è Dio che la ispira.

Essa non conosce orgoglio salvo che per trionfarne, non conosce l’amor proprio se non per sacrificarlo, non la natura che per farla perfetta, non l’uomo che al fine di renderlo santo.   (………)

Essa è la carità che, se soffre non si sdegna, se corregge non insuperbisce, non insulta, non cerca il suo piacere, ma occulta il fallo altrui.

Essa è la carità che, dove l’uomo la sollecita, corre e non lo guarda in faccia, anzi cerca ogni via per nascondere, per celare il suo operato.

Essa è la carità che ha fratelli, familiari, amici ovunque vi siano uomini, siano essi nelle selve o nelle miniere o nelle più remote isole.

Essa è la carità che nemmeno le immense pianure l’arrestano, né gli sterminati mari e neppure le catene delle più alte montagne.

Essa è la carità che se manca, per quanto grandi e sublimi siano le azioni umane, si dovranno sempre chiamare scherzi o giuochi dell’amor proprio, virtù per metà, trasfigurate virtù che tutt’al più si ridurranno a meritare il misero encomio di non essere vizi. Poiché le azioni in apparenza più belle, qualora deviano dal loro principio che è la carità, accrescono nell’uomo la presunzione e la vanità; segretamente l’uomo pian piano si innamora di sé medesimo e, apparendo più grande non migliora affatto.

Sono virtù queste che non vanno più in là dell’apparenza, virtù, queste, false e corrotte quanto falsa, guasta e corrotta è la natura che le produce.

Sì, per quanto intraprendiamo pratiche devote, salutari penitenze, per quanto esercitiamo virtù, per quanto soffriamo di fatiche, di stenti, di patimenti, se tutto ciò non è diretto dalla carità, non potremo ottenere salvezza.

La carità dunque ci è indispensabile. Quale grande verità!

Occorre fissarla bene nella mente di tutti perché la carità non è una virtù solamente di coloro che vogliono tendere alla perfezione,……non è un linguaggio da usare solamente con i Santi, no, senza carità non potremo salvarci.

La Carità è quello spirito santificatore che rende degni di eterna ricompensa lo zelo instancabile degli Apostoli, l’invitta fortezza dei Martiri, il profondo sapere dei Dottori, l’illibato candore delle Vergini, l’austera penitenza degli Anacoreti….., che, se questa carità mancasse, foste anche più zelanti degli Apostoli, foste come i Martiri, illuminati come i Dottori, casti come le Vergini, penitenti come gli Anacoreti, Iddio quaggiù non vi conterebbe mai tra i suoi servi fedeli, né vi ammetterebbe un giorno lassù in Cielo tra i suoi beati comprensori.

La carità dunque, sì la carità è quella che popola i cieli di Santi. Essa produsse tante sublimi azioni! Essa generò tante anime a Dio si care. Essa diede alla terra e al cielo eroi..……..

Dalle opere si conosce l’amore poiché l’amore non è vero amore se non opera cose grandi, se ricusa di operare non è vero amore.

La Carità è come il fuoco, o brucia o si spegne. Potrà star ferma l’aria, l’acqua potrà stagnarsi e così ogni altro elemento, ma il fuoco giammai, o avvampa o muore. Tutte le altre virtù potranno far sosta, ma la carità giammai, conviene che operi o che muoia.

Ed ecco, o cari, volete voi conoscere se avete quella carità sì necessaria a salire in cielo? Ecco il primo indizio: l’opera.

Le opere sono quelle che provano se si ama Dio, perché l’affetto non può andar disgiunto da esse.

Gesù Cristo dice: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, costui mi ama" per cui prendete il Decalogo, passate ai precetti della Chiesa, osservate i doveri del vostro stato e se non mancate a questi or bene siete voi disposti a perdere ogni cosa, la reputazione , la vita piuttosto che offendere Dio? Osservate voi i comandamenti di Dio? Fatevi cuore, voi avete la carità. Ma se voi foste di quelli che per la vanità della terra fate molto e bene ma per Iddio non avete tempo da spendere... tempo per la preghiera, per la penitenza…oh, se è così temete, non avete la carità. (..............)

Caritas patiens est. L’amore è paziente e, se tale non è, non è amore. Ecco o cari il secondo ed ancor più sicuro contrassegno a conoscere la vera dalla falsa carità. La Pazienza.

Caritas patiens est. E chi mai può dubitarne? Se il Divino Amore non fosse per noi paziente, se la divina Giustizia ci avesse colpiti al primo fallo, quanti saremmo qui ora? Quanti sarebbero nella città o nei campi a godere i frutti e gli agi delle arti e dalla natura? Non è paziente il divino Amore? Ma se tale non fosse sosterrebbe Dio di essere tanto bestemmiato come oggi? Che il suo Nome santo sia tanto bistrattato con gli aggiunti più infami e vituperosi? Sopporterebbe ancora Dio che la sua Chiesa e il suo Capo siano vilipesi? Non è paziente il divino amore? Lo dica questa Croce e questo Sangue. Lo dicano quelle Specie sacre, quel Tabernacolo dove Dio è come un prigioniero per noi, e prigioniero paziente in guisa da sostenervi la solitudine, l’incuranza, l’abbandono. Certo, Dio è Carità e la Carità è paziente; nessuno può essere di Dio se non per la pazienza. (……….)

Abbiamo noi questa carità sì paziente? Nelle avversità della vita abbiamo noi la carità? Quando il Signore ci mette alla prova per vedere se lo amiamo cogliamo noi occasione per lodarlo maggiormente oppure ci lasciamo andare a lamenti?

(.......…..) E’ nelle avversità della vita che si conosce se la carità è paziente…

(…....….) In un piccolo villaggio della Palestina un povero uomo disse un giorno che voleva essere amato da tutti, voleva essere amato sopra tutto, ogni amore doveva impallidire davanti all’amore che voleva per lui.

Lo disse, lo volle e l’ottenne. Chi è colui che ha potuto ottenere un simile amore? Non è solo un uomo ma un uomo Dio, Gesù.

(   …….) Gesù Cristo vuole l’amore degli uomini, vuole ciò che difficilmente ottiene un padre dai suoi figli, una sposa dal suo sposo, un fratello dal suo fratello.

Amatemi, disse Gesù, amatemi tutti; non di un amore ordinario, ma superiore a tutti gli amori. "Chi ama il padre e la madre più di me non é degno di me. Chi ama la sposa più di me non è degno di me".

E’ possibile questo? Eppure, ciò non basta ancora. Lui disse questo durante la sua vita, lo ripeté con maggior forza negli ultimi suoi momenti di vita, salì il calvario e mentre moriva cercava un consolatore, non lo trovò. Abbandonato da vivo, tradito da vivo, rinnegato da vivo, vuol essere amato dopo morte. - "Ma Gesù lontano dagli occhi lontano dal cuore"- "non importa amatemi..."

E difatti appena Egli muore l’amore si risveglia sulla sua tomba. La sua croce è coperta di baci e una generazione di uomini, di donne, di giovani, di fanciulli e di vecchi innamorati di Gesù, trasportati d’amore per Gesù vanno gridando: Quis nos separabit a caritate Christi? Chi potrà strappare dal nostro cuore l’amore a Gesù?

E fino a qual grado giunge questo amore? Certo non in tutti è uguale! E quale amore? Non solo di baci e di tenerezze, ma amore di sacrificio, amore che eclissa tutti gli amori.

Questo amore mette la croce sulle spalle all’uomo, e lo vedete portarla volentieri. Per questo amore occorre far violenza alla proprie passioni ed ecco l’uomo violentarsi! Occorre rinnegare la propria volontà, ed ecco l’uomo la rinnega.

Amerà i beni della terra, amerà i congiunti, i parenti, gli amici, fino a che questo amore potrà stare con l’amore a Gesù, ma appena questo è contrariato da quello, l’amore a Gesù ha la preferenza. Così opera il semplice Cristiano perché lo comanda l’amore a Gesù.

Che se tale è l’opera della maggior parte dei cristiani che con l’affetto per Gesù sono disposti a lasciare i beni della terra e i parenti tutti prima di rinunciare al suo amore, altri e altri ancora vi furono e vi sono che non solo hanno fatto o fanno, per amare Gesù, quello che Gesù comanda, ma ancor più quello che Egli consiglia. Eccoli allora rinunciare in affetto a tutti i beni della terra, eccoli abbandonare i parenti portarsi in terre lontane, chiudersi nei deserti, nei chiostri, vivere di purità, di obbedienza, di povertà, morti al mondo, alla carne, ai comodi, perfino alla propria volontà e tutto perché l’amore di Gesù lo consiglia!

(……..) Alcuni dicono: "Che bisogno c’è di chiese, perché le sacre funzioni? Dio guarda al cuore, Dio non ha bisogno di queste cose, Egli vuole la religione del cuore, a ché tanti inchini?"

Io non vado in Chiesa, io non prego, ma nel mio cuore vi è una religione, più santa, più pura. A Dio basta il cuore....

(…….) A Dio basta il cuore, sì, ma che sia un cuore che ama, un cuore vero, un cuore giusto, un cuore ben fatto!

(…….) Guardiamo per esempio san Lorenzo, la gloria della Chiesa nostra, la gemma del Cristianesimo, l’onore di Roma, la perla dei martiri! San Lorenzo ha un cuore che ama. Ama Dio, ama il prossimo, ama se stesso; le sue azioni, le sue opere, la sua vita non sono che il crepitare della fiamma dell’amore, che la manifestazione di quel fuoco divino che gli ardeva in cuore, che ha trovato sulla graticola rovente un fuoco che ha potuto darci l’idea del fuoco che gli ardeva dentro, che ha trionfato di tutto l’ardore e la forza degli accesi carboni, dei quali ha saputo portar vittoria! Ma perché queste fiamme, a che tutti questi bruciori? San Lorenzo risponderebbe che il fuoco che gli arde dentro è ben più forte, fortis est ut mors dilectus.

Altro che la religione del cuore... E’ che non vi è più la religione nel cuore. Sì, il cuore dell’uomo non ama più Dio. Ecco la piaga moderna: non si ama più Dio; e mancando al cuore l’affetto, più nobile, più santo, più perfetto che è quello di Dio, viene a mancare anche l’amore al prossimo e a se stesso, e ci è forza il ripetere che nella Società nostra, è tutto egoismo, non vi è più amore.

Questa bella fiamma si è spenta per lasciar luogo ad una fiamma, tetra, oscura, schifosa, che brucia tutti i più bei sentimenti, che distrugge i più santi affetti, voglio dire la fiamma dei vizi, delle passioni, dei disordini.

"O Signore, che donaste a san Lorenzo la grazia di superare per vostro amore il tormento del fuoco, per i meriti di san Lorenzo e per gli esempi suoi fate che anche noi superiamo la fiamma dei nostri vizi."

O voi che nel cuore avete l’amore di Dio lasciate che tale amore si espanda, si manifesti e la vostra elemosina sarà generosa e spontanea; lo disse Gesù "amatemi".

San Lorenzo la sentì questa voce, la segui, rispose: voglio amarti e difatti l’amò.

(………) Santo Stefano mentre veniva lapidato, ad alta voce pregava Iddio che non imputasse loro (ai suoi uccisori) questo delitto.

Oh preghiera, quanto semplice e altrettanto sublime, quanto breve e altrettanto preziosa, degna di Stefano, il Protomartire della Fede Cattolica. Preghiera veramente grande, veramente cristiana; ma preghiera nel medesimo tempo che dovrebbe coprire di vergogna e confondere molti e molti dei cristiani, i quali non solo non amano e non pregano per i loro offensori ma cercano ogni modo per alimentare sempre più nel loro cuore l’odio contro quella o quell’altra persona dalla quale hanno ricevuto qualche affronto, e quindi di tratto in tratto vanno ruminando col loro pensiero l’offesa ricevuta, l’ingrandiscono, la raccontano, finché trovano poi quel tale che invece di acquietare e distogliere dalla sempre ingiusta vendetta, va insegnando con diabolica maestria il mezzo e la maniera per condurla ad effetto. Oh infelici! Se qui voi foste ad ascoltarmi! Ma non sapete voi che la legge della carità, obbliga tutti indistintamente a perdonare le offese ed ingiurie, e non sapete che Dio vieta sotto pena di eterna dannazione, ogni odio, ogni vendetta e rancore? Aprite le Sacre Scritture, leggete che cosa dice Gesù Cristo nel suo Vangelo : "Amate i vostri nemici fate del bene a quelli che vi fanno del male, pregate per quelli che vi calunniano, affinché siate figli del Padre Celeste, il quale fa splendere il so/e sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia sopra i giusti e gli iniqui".

Che dunque vorreste voi essere da più di Dio stesso? Vorreste negare ciò che Egli non nega nemmeno ai più scellerati? Ah esaminatevi o cari fratelli, entrate ben addentro nel vostro cuore e vedete se in esso regni questa carità sì ampia e sì generosa che non esclude nemmeno gl’indegni, e pensate: Se Dio non avesse questa carità, che ne sarebbe di noi che gli fummo sì di frequente nemici? Oh quante volte avrebbe già sospeso sopra di noi il corso benefico delle sue grazie, quante volte ci avrebbe rigettati e condannati all’inferno.... Invece Egli continua ad amarci anche quando l’offendiamo, non cessa di beneficarci allorché gli siamo sì ingrati e pare perfino che quanto noi siamo impegnati ad offenderlo, tanto Lui è impegnato ad amarci.

Che carità smisurata, che amore vivissimo dovremo noi portare ai nostri nemici per imitare almeno un poco il nostro Padre Celeste!

Qual vergogna dunque per tanti e tanti, qual vergogna e qual rossore per quel marito e per quella moglie, che memori per nulla del reciproco amore che si sono giurati davanti agli altari, con grave danno e scandalo della prole, dei parenti, dei vicini, passano giorni interi, senza rivolgersi mai uno sguardo, una parola, un affetto…..

(……..) Ma perché tutto questo, quale ne è la causa? Certamente sarà grave perché produce gravi effetti ma se anche questo fosse vero, non sarebbe più aperta la via al perdono? tolta sarebbe la speranza della riconciliazione? Hodie mibi eras tibi - Oggi ho errato io, domani sbaglierai tu.

Ma quale ne è dunque la causa? Ritorno a domandare. ….forse perché... ah che mi vergogno solo a nominarle certe simili sciocchezze. Eppure succede sì di frequente fra i cristiani che per queste e simili inezie, cose da poco si accendono per le famiglie e per i paesi sanguinose liti e contese, e non contenti di essersi disonorati le molte volte anche in pubblico, vanno vantando la loro infernale fortezza di non voler più ricambiare il saluto, protestando di aversela legata al dito, e che non la passerà tanto netta. Ma va bene: legatela al dito, fategliela costar cara. Ma se Dio ne legherà una al dito, una sola che ne avete fatte, che sarà di voi per tutta l’Eternità? Se avete di questi sentimenti, cessate pure di venire in Chiesa, cessate pure di fare orazione, abbandonate i Sacramenti, la S. Messa, le funzioni Parrocchiali, ..., tutto, per voi vale più nulla, poiché Iddio rifiuta i doni di chi ha in cuore la discordia e la rabbia, e nel Vangelo va dicendo: "Se tu stai andando all’altare per offrire a Dio il tuo sacrificio di preghiera e di lode e liti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro dite, lascia 11 tuo dono e va prima a riconciliarti col tuo fratello."

Oh meravigliosa bontà, esclamerò con San Crisostomo, oh ineffabile amor di Dio verso degli uomini! Egli dimentica quasi l’onore suo, e vuole che s’interrompa perfino il sacrificio quando si tratta di osservare fra noi la carità e la pace!

Questo ci fa anche conoscere abbastanza quanto odi e detesti chi fomenta nel suo cuore l’ira e la collera contro il prossimo, fino a minacciare di non voler ricevere neppure i doni. Su dunque, coraggio, fate forza a voi stessi, vincete queste avversioni, queste ripugnanze. Ai piedi adorati di Gesù Sacramentato, deponete la memoria di tutte le offese ricevute; per amor suo abbracciate con cuore ad una ad una tutte le persone con cui sentite qualche contrarietà.,. D’ora innanzi siano per voi le più care. Proponete di approfittare di tutte le occasioni che vi si presenteranno per far loro del bene. Anzi fin da questo momento, ad imitazione di S. Stefano, cominciate a farlo supplicando l’infinita misericordia di spargere su di esse tutte le grazie e benedizioni più elette...

Fermatevi alquanto a pregare per i vostri nemici, e rendetevi famigliare questo esercizio di perfetta Carità.

Considerate che nella dilezione dei nemici, sta l’esercizio della perfetta carità, perché dove non è fatica, né sforzo, né ripugnanza alcuna non vi è, molte volte, virtù e ben poco merito si può acquistare. Infatti dice Gesù: "Se voi amate quelli che vi amano, e beneficate quelli che vi fanno del bene, che merito ne avrete? questo lo fanno anche i pagani, i pubblicani, ma voi siate perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste".

Avete voi avversione a perdonare quella offesa, a salutare e a dare segni d’amicizia a quel vostro nemico? Fatelo tanto più volentieri che diverrete santi, otterrete anche voi quella corona e quella gloria che ottenne Stefano colla sua preghiera. "Ne statuas illis hoc peccatu - -Signore non imputate loro questo peccato."

E voi o glorioso Santo Stefano che oppresso da una grandine di sassi fino a farvi tutto nuotare nel vostro sangue altro non faceste che domandare misericordia e perdono per i peccati dei vostri lapidatori, ottenete a noi tutti la grazia di sopportare con perfetta rassegnazione tutte le offese che ci verranno fatte, di amare sempre e di cuore tutti coloro dai quali avessimo a ricevere qualche torto, onde possiamo giungere alla beata felicità, che voi da tanto godete, e così sia.

AI: "Sermones", ASO Botticino