RIFLESSIONI SUL
PECCATO
Omelia
Quale argomento più consolante e più caro potrà mai esservi per il cuore del
cristiano di quello dellinfinita misericordia di Dio?
Oh, come sallarga il cuore al veder questo misericordioso Dio che
qual padre amante se ne sta sulle alture della casa a spiare se mai arriva il suo figlio
che gli è fuggito lontano, e quando Io vede precipita per le scale per correre a fargli
festa e stampargli il bacio di pace sulla fronte.
Veder questo misericordioso Dio che qual tenero pastore avendo smarrita
una sua pecorella abbandona le 99 per andare in cerca della perduta, sudar per balzi e
dirupi finché trovatala se la piglia alla vita, la porta sulle spalle allovile, per
castigo medicarle le piaghe e per ricordo darle manate di erba più buona!
Sentir questo Padre dire che in cielo si fa maggior festa per un
peccatore convertito che per cento giusti!
La gioia interna ci si dipinge sul volto, un raggio di celestiale
allegrezza penetra in noi e ci consola. Eppure, che volete, tante volte piuttosto di
parlare di Misericordia, il prete starebbe più volentieri ritirato a piangere, o a gemere
e sospirare ai piedi di Gesù. A dirvi il vero anchio (ieri sera) avevo presente il
triste pensiero che invece di allargare il cuore alla confidenza, allamore per
Iddio, avessi reso più baldanzoso il peccatore a commettere il peccato. Finita la predica
oppresso da questa tetra idea dovetti esclamare spaventato: "oh Signore, avrò
forse io allargata la via alla colpa? Peserà forse sulla mia coscienza qualche peccato?
Toccherà a me rendervi conto perché quel giovane appoggiato alla vostra misericordia
continuerà in quella sua vita di disordine? O Signore, innocens ego sum a sanguine huius.
Io ho allargato il cuore alla conversione, ho appianata la via al
ritorno. Non ho detto mai che perché Dio è buono si continui a scapricciarsi, ma ho
mostrato apposta queste braccia aperte per abbracciar chi ha peccato e perché ne senta
dolore.
lnnocens ego sum. Sì, promisi in nome di Dio il perdono di
qualunque delitto, di qualunque eccesso, ma a coloro soltanto che aborriti i loro vizi,
pentiti si gettano come la Maddalena a bagnar di calde lacrime i piedi
dellamabilissimo Redentore.
lnnocens ego sum. Mi conforta pure il pensiero di trovarmi in
mezzo ad una eletta schiera di fervorosi cristiani che se mai caduti cercheranno nella
divina misericordia, il perdono e lemenda. Che se mai tra di voi vi fosse
questingannato che dicesse o con le parole o con i fatti: "continuiamo a
peccare che già Dio è misericordioso e ci perdonerà", sono qua stamattina a
pregarlo di non fidarsi di questo pensiero diabolico perché se infinita è la
misericordia, uguale pure è la giustizia di Dio...
Oh, anime sante del Purgatorio, voi sebbene bisognose dei nostri aiuti
potete ottenerci da Dio grazie speciali; deh, otteneteci questa, di ben intendere la
terribile verità. (
...)
Quandè che si dice di un infermo: è inevitabile la morte?
Quandè che il medico scrollando la testa dice: non vi è più rimedio? Allorquando
vede che le medicine non ottengono i loro effetti. Che direste voi del povero ammalato del
quale i medicamenti non già solo non portano la salute, ma anzi diventano veleni? Ah, non
vi è solo un miracolo che lo possa salvare! Ebbene io dico che per chi abusa della
misericordia di Dio per continuare a peccare, non vi è altro che un miracolo che lo possa
ritenere dal precipitar nellinferno. Perché che altro è o miei cari la
misericordia di Dio? Non è altro, per così esprimermi, che una medicina che Dio ci
presta per rimediare ai nostri mali.
Dio santità infinita, non può fare a meno che odiar il peccato. Egli
lo vorrebbe distrutto e per questa ragione mandò il suo Unigenito Figlio a farsi uomo.
Tutta la vita di questo Divin Redentore dalla nascita alla morte, dal Presepio al
Calvario, tutta fu impiegata per distruggere il peccato,.. Ma per qual fine? Osservate il
cacciatore nellatto di uccidere gli uccelli. Vedete come si muove pian piano, come
si abbassa talvolta e si rimpicciolisce fino a terra, e perché? Perché vuole ammazzar
luccello. Ecco dunque dove mirano tanta pazienza, tanta placidità, tanto silenzio
per le nostre trasgressioni, tutto è a fin di trafiggere con mortale colpo il peccato.
Lodio di Dio è diretto contro la colpa, ma quando la colpa sta
nelluomo per ragione di essa indirettamente odia anche il colpevole, per questo usa
tanta amorevolezza e tante umiliazioni, al fine di separare il peccato dal peccatore,
distruggere quello e salvar questi. Tale è il motivo della bontà divina
nellaspettarvi a penitenza, nellinvitarvi, nellaccogliervi.
E per distruggere il peccato, suo capital nemico, che usa tutte
quelle finezze e versa sulle nostre ferite quel balsamo per risanarle. Vuoi toglierci
quella febbre cocente che abbraccia e consuma lanima nostra e ben ne è potente
questo farmaco, non cè malattia che gli possa ribellarsi. Ma se tu questa
misericordia, che è balsamo, la convertì in ferro micidiale che ne esaspera sempre più
la ferita; se questa misericordia, che è medicina che guarisce, la converti in veleno che
uccide; se tu dunque o peccatore scorgendo la misericordia infinita di Dio, non vai
dicendo:
Oh, quanto è grande la bontà di Dio, ah ripeto, non dobbiamo altro dire che non
vi è che un miracolo che ci possa salvare. Perché se Dio vedrà che dopo tanti mezzi
usati, dopo tante chiamate, dopo tante preghiere pur non giunge a distruggere il peccato
nel peccatore, distruggerà il peccatore nei peccato. E allora peccatore mio caro quale
sarà la sorte che ti toccherà subire?
Gesù Cristo si avvicinò un giorno alla Città di Gerusalemme, gettata
unocchiata su quel tempio che maestoso e sublime si ergeva al cielo, su quelle torri
che la difendevano, su quelle mura che la circondavano, su quegli edifici che la
adornavano, chinò il capo e pianse. E piangendo esclamò: "Oh! Gerusalemme,
Gerusalemme! se tu sapessi quel che ti aspetta! Dite non rimarrà più pietra sopra
pietra. Ti assedieranno i nemici, sarai presa dassalto, ridotta ad uno squallido
deserto, nido ai serpenti e tana di fiere".
Ma o Signore perché una fine si miseranda alla Vostra Gerusalemme, non
è ella la città vostra prediletta, culla e sede di persone a voi si care? Perché tanti
mali? Perché non seppe approfittare delle grazie divine, perché quel popolo fu sordo
alle chiamate del cielo, non approfittò della divina misericordia.
Oh quale castigo!
Fratelli ecco unimmagine della sorte
riservata al peccatore ostinato. Lira di Dio pende sul suo capo. Tarda essa tante
volte a scoppiare perché il Signore è misericordioso: tace e aspetta ma alla fine
stancata dalliniquità, dallostinazione delluomo, questira scoppia
tremenda, inesorabile, tanto più inesorabile, tanto più tarda, tanto più tremenda
quanto più grande fu labuso delluomo e quanto più mirabile fu la
misericordia, la pazienza di Dio nellaspettare. Alla fine scoppia e chi difende
allora linfelice peccatore dalla giustizia di Dio? Oh misericordia santa aiutatelo
voi! Ma che misericordia se di questa non se ne e servito che per perseverare nella colpa!
E giusto gran Dio che facciate conoscere chi Voi siete, è giusto che luomo
finisca una volta dinsultare la Vostra bontà; è giusto che mostriate agli uomini,
come Voi ci siete e vedete e sentite e sapete a tempo perdonare e a tempo punire. (......)
Basta o peccatore, la tua ora è suonata, Dio lhai offeso
abbastanza. Si o fratelli in Gesù Cristo cè bontà, cè misericordia; ma
cè anche giustizia. Egli sa piangere su Gerusalemme ingrata ed ostinata, ma sa
anche maneggiare il flagello della giustizia. Quando Dio sarà stanco di usarci
misericordia, darà mano alla giustizia. (
....)
E qui vorrei che mi ascoltassero quei peccatori, i quali al veder
impunite le loro colpe prendono animo sempre di più per accanirsi nel peccato dicendo: peccavi
et quid mihi accidit? Ecco io bevo come acqua ogni sorta di peccati, e intanto dove
sono quei castighi tanto minacciati dai preti? Miei cari che importa a noi preti dei
vostri peccati? Forse che ce ne viene un danno a noi dalle vostre colpe? Tolto che ci
dispiace veder Dio che è sì buono e che merita amore vederlo così strapazzato; ma del
resto o fratelli noi siamo come la buona madre che al veder il figlio sullorlo del
pozzo gli grida, anzi no gli si avvicina pian piano perché non si spaventi e cada, lo
piglia alla vita, mostrandogli il pericolo gli dice: vedi quel profondo, là vi saresti
caduto in quellacqua. Così noi preti, ci piange il cuore allo scorgervi in quei
pericoli, vorremmo potervi prendere alla vita, e così sulle nostre braccia portarvi al
sicuro, in Paradiso.
Ma Dio che vuole che voi operiate per convinzione e non per forza non
ce lo permette, noi allora, via a corrervi dietro a scongiurarvi, a pregarvi di riflettere
che state camminando non già su strada sicura, ma su precipizio coperto di ghiaccio che
certo quanto meno ve io aspettate vi mancherà sotto i piedi e voi sarete rovinati, li
mondo ci deride perché è nemico della verità, ma noi finché avremo vita non vi
abbandoneremo mai, no, ci costasse pure qualunque sacrificio, saremo sempre alle vostre
spalle perché è troppo lamore che vi portiamo
..del resto, o miei cari, se
questi castighi non ci fossero neppure vorremmo annunciarveli. Non è voglia di
spaventarvi che ci conduce sul pergamo è amore per voi e timore che voi vi abbiate a
cader dentro.
Dio tollera e dissimula le nostre offese perché non si è ancora
riempita la misura dei nostri peccati, ma poveri noi se giungeremo ad oltrepassar questo
numero! Si sveglierà allora Dio, dice il salmista, da questo apparente e misterioso sonno
ed ebbro di furore ci chiamerà a rendergli conto.
Rendimi conto, tuonerà dallalto, rendimi conto di tutti i tratti di misericordia che ti usai. Credevi chio non
sentissi le tue bestemmie, mi credevi indifferente alle tue disonestà, alle tue
ubriachezze, alle tue ruberie? Ah! perché ero buono, perché ti sopportavo per portarti a
penitenza, tu sempre ostinato mi offendevi?
- Oh Signore, perdonatemi, adesso
vi ho inteso, non abuserò più della vostra misericordia. Ma adesso tempus non erit
amplius, non vi è che giustizia. Eh ma questo non succederà a noi non è vero? Ormai
siete persuasi che la misericordia è infinita riguardo ai passato, che per i peccati
passati non avete che a pentirvi e siete sicuri del perdono. E dellavvenire
che dovete temere. Voi adesso siete sicuri di non aver raggiunta quella misura, e
rimediate a tutte le colpe passate, fossero pure migliaia, con una buona confessione.
Che importa se SantAgostino singolfò in ogni nefandezza,
mentre prima che si compisse il numero Egli ne fece penitenza e diventò un gran Santo?
Che importa se Maria Maddalena fu pubblica peccatrice quando prima che
si empisse la misura si convertì e si fece santa?
Invece che giova ad un Giuda lessere stato confidente, Apostolo
di Gesù, se con quel tradimento compì il numero e precipitò nellinferno?
(
...)
CECITA DEL PECCATO
Quale direste voi che sia, tra le cose inanimate, la creatura la più
bella, la più gentile, la più graziosa, la più importante, la più necessaria? Voi mi
rispondereste subito che è la luce. Bene lo sanno i ciechi, e con loro il cieco di Gerico
che, bramoso di goder della benefica luce, al sentir passare per la via il Divin Salvatore
gridava con quanta forza aveva in gola: "Domine ut videam, Domine ut videam"
Signore chio veda.
Sì, sì, grida, piangi o infelice uomo, che ben ne hai motivo.
Cosa sono per te questo mondo sì bello, questo sole che splende, questi prodigi di
natura? ... Sono un nulla, come se non esistessero. Trovarti
dinanzi a un grandioso palazzo per te è come esser davanti ad un mucchio di sabbia. Lo
splendore del sole per te è come la tenebra della notte. Povero cieco! Tu non conosci il
tuo genitore, né vedesti mai le tenere sembianze della tua cara mamma. Sì, grida che hai
ragione al figlio di Davide: Miserere mei.
Imitassero lesempio tutti coloro di cui tu ne sei la luttuosa
immagine! Potessi io persuaderli della terribile cecità da cui sono presi a causa del
peccato. Potessi strappare dal loro cuore più che dalle loro labbra quella bella
preghiera che ti valse la guarigione. Domine ut videam.
Ecco pertanto miei cari loggetto delle mie poche parole: occorre
attentamente guardarsi dal peccato, perché per quanta luce possa godere un cuore umano,
il peccato non mira che ad accecarlo.
Prima però di riempirci il cuore di tristezza a contemplare le rovine
del peccato nelluomo che lo commette, fermiamoci per qualche istante in uno
spettacolo caro e consolante, vale a dire, osserviamo un buon cristiano in grazia di Dio.
O voi uomini onorandi che mi udite, donne ferventi, fedeli servi di Dio, che cosa
cè sulla terra di più chiaro, di più illuminato di Voi, vasi di elezione e di
grazia? Quanto è piena di scienza la vostra mente che riposa in Dio!... il sole che nel
bel meriggio di estate entra nelle stanze, passa per ogni luogo a ricrearvi gli antri più
nascosti, a portarvi la sua luce fin negli angoli più acuti, è appena una debolissima
figura della limpidezza e delle splendore che rischiara e illumina lanima cristiana
in grazia di Dio. Ella guardando nella Religione vede la magnificenza dellopera di
Dio. Scorge le verità tutte che, quali simmetriche colonne, sinnalzano a sostenere
quella catena che tutte le unisce per formarne una sola: Dio che le ha rivelate.
LUnità e la Trinità di Dio, lincarnazione del Verbo, la Divinità di Gesù
Cristo, la Sua Morte e Risurrezione, la Copiosa Redenzione del Salvatore, la fondazione
della Chiesa, la stabilità della medesima, linfallibilità del suo Capo, per
lanima cristiana perdono, direi, quasi della loro misteriosità, ella ne scorge la
chiarezza e ne vede il sublime intreccio che tutte le collega insieme e ne forma una sola.
Nelle tentazioni ella scorge la prova della sua umiltà, e a Dio, sua
fortezza, si avvicina per poter vincere nelle persecuzioni.
Nelle disgrazie e disavventure della sua persona, mira sulla porta di
casa Gesù che, or qual tenero bambino ignudo sulla paglia, or straziato da flagelli,
inchiodato in croce le dice: lo ti amai fino a questo punto, dammi
un segno del tuo amore, contraccambia in qualche modo quanto ho patito per te.
Vede nelle astinenze un mezzo sicuro a tenere il corpo soggetto
allo spirito, nelle pratiche di pietà, i puntelli e gli aiuti a camminare spediti sulla
via del Cielo.
Lobbedienza che pure è così dimenticata, per lei è il viaggio
che più illumina, in essa trova la sua quiete, la sua pace. Chi obbedisce è sicuro di
non mai errare.
Quando poi le si porge lopportunità di rinnegare il proprio
volere, è tutta in giubilo perché in questo vede la sua principale grandezza.... faccio
la volontà di Dio, di quel Dio che tutto ciò che vuole è bene e sommo bene. (.....)
Ma non è di ricchezza e di gloria il mio argomento; di oscurità e
di tenebre intendo parlarvi.
Come è possibile che tanta scienza possa volgersi in abominio e
vergogna? Che questa mente sì illuminata possa venir gettata in tanta orribile cecità
fin da perdere il lume della fede e della ragione? Purtroppo è vero, con la fronte nella
polvere dobbiamo dirlo, luomo è debole. Ahimè, giganti dai piedi di creta siam
facili a cader nella fossa, e allora che avviene del povero peccatore? Che avviene? Il
lume della fede corre pericolo nel cuore perché le passioni dispongono
allinfedeltà.
Non par certamente vero che un cristiano possa ridursi a tanta
insensatezza da non riconoscere per Iddio quellamabile Salvatore da cui fu
ricomperato col sangue. Il colosso dellidolatria dopo essere stato gettato a terra
dalla Chiesa è cresciuto in una montagna sì sterminata, che occorre essere affatto cieco
per non vederla. Sì, a questa cecità purtroppo vi conduce il peccato.
Sapreste voi dirmi perché tanti ai nostri giorni perdono la Fede?
Perché le file dei veri credenti si son così decimate e la ciurma degli atei va sempre
più crescendo? Non cercate altrove la ragione, la causa sta qui e qui troveremo il
perché: i peccati fecero apostatare i sapienti.
(
..) Il peccato che é menzogna ed inganno non può
soffrire la verità, e fa plauso a chi segue il padre della falsità: il demonio.
Ecco, ecco il perché delle frequenti apostasie.
E il peccato che fa dire a quelluomo che non vi sia
linferno, perché quello è il fine che lo attende.
E il peccato che fa chiamare il paradiso, una favola di Preti,
perché le sue colpe gli tengono chiuse le porte.
La vita religiosa degli altri è un rimprovero al peccato che deride la
pietà.
Il prete cattolico è messo da Dio a togliere la colpa, il peccato lo
odia, lo perseguita. Ah, sì, non è la mente delluomo di per sé cieca, non il
cuore umano guasto ma é il peccato che ne porta laccecamento e la rovina. Non è
perché si è perduta la fede che si commette il peccato; ma si perde la fede perché si
pecca. (
...)
Non capite come mai adesso ci sia poca fede, non si ascolti la parola
di Dio con quel desiderio e riverenza necessari? E perché il peccato baldanzoso
gira per le nostre contrade, non solo passa per la città ma anche per i paesi; entra nel
palazzo del ricco come nel tugurio del povero per portarvi desolazione e spavento.
Tu vai pensando: dicono che a peccare ci si tira addosso castighi; io
ho peccato e non me ne sono ancora capitati. Non vedi che hai perduto la fede, che le
verità più tremende le accogli con un ghigno beffardo, e che se pure qualche volta fan
breccia nel tuo cuore tu cerchi subito di scuotere da te quel santo timore che sarebbe il
principio della tua salvezza? Peccasti e hai perso la fede. (
)
Il peccato ti ha accecato la mente. La viva luce della religione più
non ti dardeggia lintelletto; lanima tua oppressa dalle tenebre è diventata
insensibile, più non sente lazione né della fiducia, né della speranza, né del
timore, né della carità. Tu sei un povero e miserabile cieco. Tu sei nel grembo della
Chiesa circondato da tanti mezzi per far bene, tanta luce ti splende intorno e non vedi
nulla, non taccorgi di nulla.
"Jesu, Jesu fili David miserere mei" Ecco ciò che ti
resta. Gridare colle lacrime agli occhi e col dolore nel cuore: "O Gesù figlio di
David, abbi pietà di me". Tu hai persa la fede e non ne sei persuaso. Ebbene,
vuoi proprio sapere il perché? Eccotelo. E dottrina teologica, saldissima che
qualunque peccato mortale, come veleno di sua natura sommamente maligno, mortifica,
affievolisce la fede, la snerva sicché resa difforme a cagione della perdita della
carità, se ne rimane inabile e non produce operazioni meritorie di vita eterna. Sembra
più morta che viva. Ora siccome non si tien mai lungamente in casa un cadavere; così
lungamente non si tiene in cuore una fede morta.
Se così è o miei cari dun peccato solo, ditemi che sarà poi
dove i peccati si moltiplicano sopra il numero dei capelli?
Parlo dite o peccatore che sei, così per esprimermi, quasi sepolto
nelle colpe; dite cui ogni luogo ti rinfaccia disordini sopra disordini, la casa, le tue
rabbie, le tue disubbidienze, il campo, le tue bestemmie, i compagni, i tuoi discorsi
disonesti, le strade, i tuoi scandali, le tue nefandezze... Ah, dimmi, fra tanti venti sì
torbidi, si tempestosi che da ogni parte soffiano per sconvolgere un cuore, credi tu che
non abbia a correre grave pericolo di spegnersi quella bella luce di fede che Iddio nel
santo Battesimo accese nelle nostre anime?
Parlo dite peccatore, della tua cecità di mente in cui sei caduto.
Veder quel tuo comportamento o padre, quella tua maniera di vivere o donna... Ma come mai
tu senza accorgerti, vivi sicuro, anzi con certa baldanza vai portando in giro la tua
fronte provocante, spiegami questo mistero: hai occhio e non vedi, orecchio e non odi, i
tristi ridono dite, i buoni ti piangono, i deboli mormorano, i tuoi Superiori sospirano e
tu solo pare che ignori te stesso e non provi per la tua coscienza, che è unulcera
incancrenita, né rimorso né pensiero? (.......)
Vi sono verità tremende. Linferno, quella spaventevole caverna
di fuoco eterno, ma è mai possibile non temerla?
Ma ecco che la tua cecità sorpassa quella del cieco di Gerico. Egli
almeno conosceva la sua grande disavventura, vedeva Io stato suo miserabilissimo, sapeva
desser cieco; e difatti persuaso della sua infelicissima condizione, appena sentì
che passava Gesù si mise a gridare: Domine ut videam". Ma tu per nulla
convinto della tua miseria, anziché cercar di vedervi, vai sempre più sprofondandoti
nelle tenebre della tua cecità. E questo è il male più spaventevole che apporta il
peccato allanima cristiana.
Il peccato veniale non toglie la grazia ma dispone però al
peccato mortale. E pure vero che il peccato mortale non toglie la fede, ma è pure
vero che a poco a poco introduce allinfedeltà.
Ma perché stancarmi per provarvi la vostra cecità se una volta
persa la fede è inutile cercarla nelle dispute e negli umani ragionamenti. E tempo
sprecato presentar immagini a chi non vede. Per costui non resta altro che, con quel vivo
desiderio e con quella brama ardente del cieco di Gerico gettarsi nella preghiera per dire
e ripetere a Dio: Domine ut videam. Bisogna guarire il male e toglierne la causa.
Avrei potuto dimostrarti la somma offesa che si fa a Dio
peccando, la perdita della grazia di Dio, la distruzione dei meriti acquistati colle buone
opere. Sì, i mali che il peccato apporta, sono quasi direi incalcolabili. Li avrei potuti
mostrare innanzi alla vostra considerazione; ma a questi si potrebbe ancora rimediare in
qualche modo, ma se perdi la fede o fratello carissimo, chi mai ti ridonerà
allamplesso di questo Crocefisso, alle sue braccia, al suo cuore? (
)
IL TRIPLICE PECCATO
Il peccato, mostro di tutti i mostri, dopo aver data molte a
quellanima che Io generò, dopo aver rovinata quella terra ove fu dato alla luce,
dopo aver sconvolte tutte le ragioni umane, non solo da innumerabili viene adorato più
che il medesimo Dio, ma ancor più viene adorato ad un costo sommo perché per esso non
temono i peccatori di sacrificare sé medesimi ad una eternità di supplizi nel baratro
infernale.
Oh peccatore che cosa adori tu peccando? Adori chi ha rovinata la
terra, seminandovi triboli e spine. Adori chi portò i dispiaceri, i dolori, le lacrime,
le disperazioni. Adori chi ti getta in un letto che ti strazia con spasimi. Adori o figlio
chi tuccise i genitori, o sposo adori chi ti tolse la moglie, ma che dico io mai, o
peccatore tu adori chi attenta ai tuoi giorni, chi finirà coi dare la morte anche a te
stesso.
Non è esagerazione miei cari, è pura verità. La causa dogni
sciagura è il peccato e dal peccato la morte: per peccatum mors. E tu lo adori? E
tu te lo tieni in seno e gli offri lincenso del tuo cuore? O vergogna, o
insensatezza, adorarlo in luogo di Dio e ad un costo sommo. Non è forse vero o cari che
la massima parte degli uomini rinunzia al paradiso per il peccato per precipitare
nellinferno? Non è vero che questo brutto mostro gira baldanzoso per ogni luogo?
Ora, non sta più nascosto nei lupanari più sozzi, nei ridotti più vili, ma corre per le
contrade più illustri, passeggia per le città, entra nei palazzi dei grandi, non meno
che nei più vili tuguri del popolo, sintromette nelle conversazioni, nelle
adunanze, ed ahi vituperio dei nostri giorni, entra perfino nelle chiese a profanarne gli
altari, a contaminarvi i sacramenti.
Si ha vergogna a farsi veder buoni, a far opere buone, solo a
commettere il peccato non si ha vergogna. Si ha vergogna ad invocar Gesù con una
giaculatoria, non si ha vergogna a bestemmiare... a farsi veder disonesti. Andar in
Chiesa, ascoltar Messa, confessarsi, guardi il cielo. Far vendette lanciar imprecazioni,
lavorar la festa, far contratti illeciti, tradire il prossimo, rubare ....
queste son glorie! Oh sì, siamo arrivati ad un punto da gloriarsi desser
peccatori. Si vantano di commettere peccati e perfino fingono daverne commessi e non
è vero... Ah il cuor non mi regge dandar innanzi in una sì abominevole, ma
purtroppo vera pittura dei nostri tempi, e anziché parlarne, amerei meglio andarmene in
una solitudine a piangere la perdita di tante anime che ridendo e scherzando se ne vanno a
precipitar nellinferno
.
Oh potessi, o miei cari, farvi vedere la somma malizia, lorrenda
bruttezza, lenormità mostruosa del peccato mortale, cioè di quei pensieri della
mente, come dubbi in materia di fede, giudizi temerari, cattivi progetti, desideri
disonesti, compiacenze, odi, invidie, avversioni; di quei discorsi di lingua come
bestemmie, discorsi disonesti, spergiuri, imprecazioni, mormorazioni, calunnie; di quelle
indegne azioni vietate, come furti, omicidi, adulteri, vendette
Ma confessar dobbiamo in ossequio alla verità con il Profeta Davide,
che non è possibile a noi miseri ciechi avere unidea adeguata della somma gravità
del peccato. Delicta quis intelligit! il peccato ha una certa infinità nella
malizia. Dio è un infinito bene, il peccato è un infinito male, Per quanto si dica di
perfetto di eccellente non si arriva mai a dire ciò che è Dio perché è infinito, così
per quanto sì dica di mostruoso e di orrendo non si dice mai abbastanza per indicare il
peccato. Delicta quis intellìgit. Chi può mai dire la malizia che racchiude un
solo peccato mortale?
Non vè uomo in terra, non Angelo in Cielo, non creatura alcuna
che possa penetrare a fondo il gran male che è il peccato. Esso, puro male, non è misto
ad alcun bene. Le vipere, i rospi, per velenosi che siano, sono creature di Dio che
esaltano la sua potenza, non così i peccatori. Perché, direte voi? Perché ciò? In che
mai consiste questo gran male, questo veleno del peccato? Ecco, perché il peccato è
uningiuria: è un disprezzo di Dio. Luomo peccando disprezza Dio come Padrone
coi non eseguire i suoi comandi; disprezza Dio come suo Re non praticando le sue leggi;
disprezza Dio come suo Creatore non operando secondo il fine per cui fu creato. Disprezza
Dio come suo Padre mostrandosi ingrato al suo amore. Disprezza Dio come suo Redentore
rendendo inutile per sé il suo sangue preziosissimo.
Questo disprezzo poi cresce smisuratamente col paragone, poiché il
peccatore disprezza Dio per amare una vilissima creatura. Se, per impossibile, vi fosse un
altro Dio e chi peccando disprezzasse uno per servire laltro, potremmo forse
sopportarlo (?) Ma voltar e spalle a Dio sì buono, sì amabile, mentre tutto il bello e
il prezioso del mondo è un nulla, disprezzarlo per amare un capriccio, una carogna! Oh
disprezzo, O torto insoffribile! Inorridite: grida il profeta Geremia - inorridite
come non mai. Perché il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono lacqua.
Questo disprezzo cresce a dismisura dal considerare chi Io commette
e chi io riceve e fa vedere come la malizia del peccato sia infinita.... Perché
commettere il peccato vuoi dire commettere un male dì tanta enorme malizia, quanto è
grande Dio in sé medesimo. E siccome è impossibile dimostrar quanto sia grande Iddio,
così non possiamo comprendere quanto il peccato sia un male grande. Dio solo, che conosce
perfettamente Se stesso, sa e può saperlo e ce io fece conoscere nei tremendi castighi
con cui lha sempre punito.
Tre sorte di peccatori vi sono stati nel mondo. Gli Angeli che
peccarono in cielo, Adamo che peccò nel Paradiso Terrestre e Gesù Cristo, Figlio di Dio
il quale sebbene santo e affatto incapace dogni minimo neo di peccato, spinto dalla
sua immensa carità verso luomo, si addossò i suoi peccati e fu anchegli
punito dalla Giustizia Divina in una maniera terribile e spaventosa, Iddio dunque
immediatamente ha punito severissimamente in Cielo il primo di tutti gli Angeli Lucifero,
nel Paradiso Terrestre il primo di tutti gli uomini Adamo, e sul Calvario il primo di
tutti i fedeli il Redentore, per colpe non sue.
Piaccia a Dio che ad un sì formidabile pensiero concepiamo anche noi
un giusto e necessario timore. Con questo pensiero anche il Salvatore frenò la vanità e
la superbia negli Apostoli. Questi un giorno gli si presentarono dicendo: "ai nostri
cenni ubbidisce linferno, e si mettono in fuga i demoni." Ma Gesù perché
non entrassero in vanagloria ricordò loro le rovine di Lucifero insuperbito. Videbam
satanam sicut fulgor de coelo cadentem. Or se di questo pensiero si è valso il
Signore per il bene dei suoi Apostoli, valiamocene anche noi per il bene delle nostre
anime e meditiamo i tre punti della divina giustizia: il Cielo, il Paradiso terrestre, il
Calvario. In cielo Iddio fulminò Lucifero coi suoi seguaci per un sol peccato di
pensiero. Nel Paradiso terrestre, condannò Adamo ed Eva per un solo peccato di
disubbidienza. Sul Calvario fece morir sulla croce il Redentore per i peccati del mondo
Le prime e le più belle opere uscite dalle mani della Divina
Onnipotenza, furono senza dubbio gli Angeli del Cielo, Spiriti sublimi, il minimo dei
quali eccede in perfezione il più grande di tutti gli uomini. Tra questi Angeli il primo
era Lucifero che al dir del profeta era pieno di sapienza, perfetto nella bellezza,
vestito di gioie le più preziose. Or questo Lucifero, siccome fu il primo ad essere
arricchito dei maggiori doni di Dio, così fu il primo nelle maggiori ingratitudini e
nelle più empie scelleratezze
Lucifero abusando della libertà e dellarbitrio
donatigli da Dio ebbe il folle ardimento di ribellarsi al suo Sovrano, di peccar
gravemente contro il suo grande benefattore. E che peccato commise lui e i suoi angeli? Il
peccato fu sci di pensiero e sebbene variano i dottori nello spiegare il modo, è verità
che peccarono gravemente di superbia. Egli li amava comerano usciti dal suo amore,
ma questi Spiriti non erano più i figli che volessero amarlo sempre e che Egli voleva
sempre seco Beati e si sono ribellati, diventarono nemici commettendo il male davanti alla
sua essenziale bontà. Ma la bontà di Dio deve difendersi contro il male che
lattacca. Così la Bontà di Dio che sì difende piglia la forma dun altro
tremendo attributo e diventa giustizia; bontà e giustizia di Dio si difendono dal male
col castigare il peccato.
Qui appunto vi prego o carissimi di fissarvi in cuore queste due
verità che avremo da ripetere alluopo nel corso di questa meditazione. La prima che
Dio è infinitamente giusto e perché è giusto non castiga mai il peccato più di quello
che si merita. La seconda, che Dio è infinitamente buono e per la sua bontà castiga il
peccato sempre meno di quanto si merita.
Quale fu dunque il castigo? Il castigo fu il più tremendo colpo, fra
quelli a noi noti, che la divina giustizia abbia giammai scaricato sopra le creature, né
vi si può pensare senza tremare e inorridire per lo spavento.
Li sbalzò in un istante dal cielo, tutti in un fascio li precipitò
nel profondo abisso, creò un fuoco orrendo che li tormenterà e li incatenerà
nellinferno per tutta leternità.
Ma in questo castigo, conviene esaminare alcune circostanze le quali ci
faranno meglio capire la grandezza di Dio e in conseguenza latrocità della colpa
che lha meritato.
La prima circostanza è la prontezza. Li punisce subito, senza
frapporre il minimo indugio, senza dare alcun tempo di ravvedersi e di far penitenza del
loro peccato
Unaltra circostanza da ponderarsi in questo castigo è la
moltitudine e la qualità. E opinione dei santi Padri che gli Angeli fossero per numero
cento volte più di tutti gli uomini che sono vissuti, vivono e vivranno su questa terra.
Ebbene la terza parte di questi Angeli peccò e fu cacciata allinferno. Ma, o Signore, non vedete che voi quasi spopolate il Paradiso? - Non importa. - O Signore non vedete che
essi sono unimmensa moltitudine di creature nobilissimo, fornite di tanti doni di
natura e di grazia, superiori ai più grandi re, ai più grandi dotti e agli uomini più
sublimi e rari della terra? - Non importa, -
risponde Iddio - tutti hanno peccato, portino tutti la
stessa pena.
Aggiungiamo anche che il loro peccato fu di semplice pensiero, fu
uno solo, fu il primo, non avevano avuto alcun esempio di castigo, né si immaginavano
sicuramente che si dovesse punire con una pena così orrenda e istantanea. Inoltre Dio
sapeva benissimo che fulminandoli così si formava un gran popolo di nemici, nemici
implacabili, nemici che Io avrebbero odiato, bestemmiato in eterno, nemici che avrebbero
tirato alloro partito luomo, che avrebbero riempito il mondo di scelleratezza, di
empietà, di idolatria, e attirato alla eterna dannazione innumerevoli anime. Tutte queste
ragioni e forse molte altre ancora, Dio le avrà conosciute e le avrà pesate col peccato,
ma questi traboccò al di sotto.
E chi allo scroscio orribile, tremendo, inaudito di questo colpo, che
atterrò in un istante tanti milioni di sì nobili creature dato da un Dio sì buono e
pietoso, chi, dico, non inorridisce e non si spaventa? Se Iddio ha punito con tanto rigore
gli spiriti più sublimi del Paradiso, perdonerà a te o peccatore che sei un pugno di
fango? A te che sei tanto più reo di Lucifero? Quegli peccò una volta e tu mille e
mille; quegli peccò sol di pensiero e tu anche di parole e di opere! Col castigare gli
Angeli restò mezzo vuoto il Cielo; se tu ti danni poco o nulla perde il Paradiso, e Dio
userà con te vilissimo verme della terra quel riguardo che non ebbe per i primi principi
del Cielo?
Che farà di noi che siamo vasi di sozza creta, pieni delle sozzure di
mille colpe? che farà di noi? Oh pensiero tremendo e salutare! Ben intendiamo il terrore
dei Santi quando leggiamo che certe anime di grande santità sovente esclamavano di non
saper come ad ogni momento non li colpisse ancora la giustizia di Dio! Come mai la terra
li potesse tuttora sostenere, come mai non si spalancasse linferno per ingoiarli! E
noi consideriamo queste espressioni come esagerazioni esaltate della fervente loro pietà!
Pare a noi che dicessero con se stessi, come sante menzogne e che non si sentissero poi in
coscienza di meritarsi tanto castigo...
Ah miei fratelli, i santi si addentravano in questa meditazione che
spaventa lanima e spesso pensavano che un solo peccato degli Angeli bastò perché
da quello splendore di gloria, da quel mar di felicità del Paradiso precipitassero a
diventar demoni, mostri orrendi in disperazione senza fine. Pensassimo ancor noi spesso a
questa verità, che se Dio avesse fatto con noi a rigor di giustizia così fin dalla prima
colpa commessa, da tanti anni noi dovremmo essere dannati per sempre in inferno. Se non
siamo stati divorati, se non siamo ora nel fuoco dellinferno è per grande
misericordia di Dio!
Quindi noi dobbiamo smontare tante pretensioni, trangugiando nel
silenzio dellumiltà disprezzi, sofferenze, dispiaceri dogni maniera,
ricordando che siamo poveri sciagurati meritevoli del fuoco eterno. E poi se la nostra
carne, questa nemica dellanima che ci fece offendere Dio, intollerante di patimenti
si lagnasse troppo di soffrire, posiamola col pensiero nellinferno, e
guarda - diciamole, - lì dentro in
quellorrendo fuoco dovrebbe essere la tua abitazione, coi demoni in quegli spasimi
tremendi per sempre... E ti lamenti di questi pochi mali e di così brevi momenti? Ma, dirà forse taluno in cuor suo: Iddio ha punito gli
Angeli in Cielo, ma non farà così cogli uomini: li ama e in essi trova le sue delizie.
Il suo genio amoroso per noi, non gli permetterà di fare altrettanto con luomo!
Vediamo dunque ora come Iddio si sia comportato nel castigare il primo
peccato di Adamo.
Iddio creò Adamo padre di tutti gli uomini e Io pose nel Paradiso
terrestre. Lo elevò sovrano di tutte le creature della terra, lo mise sotto un padiglione
dimmensa luce di Cielo, ai suoi piedi un velluto derbe smaltate di fiori,
davanti a lui le piante chinavano i rami ad offrirgli ogni maniera di frutti e gli animali
intorno ad aspettare i suoi cenni. Tutti i beni che egli gustava lo dovevano invogliare
dellimmenso bene ed il cuore irrequieto Io slanciava a trovarlo in seno al Creatore.
Affinché questa creatura, questo figliuolo sazio dellamore di Dio, non trasmodasse
in perdizione ma si contenesse sottomesso al suo dominio e si lasciasse guidare da lui,
che lo avrebbe fatto beato, Dio gli comandò che non toccasse il frutto dellalbero
della scienza del bene del male, perché si sarebbe attirato addosso con tutti i mali la
morte.
Adamo negò obbedienza mangiando il frutto, ecco il primo peccato.
Questa è la verità cattolica.
Ora cerchiamone qualche spiegazione. Dio con tale precetto, mentre
manteneva luomo sotto il suo dominio per tenerlo nellordine gli pose un limite
alla pretesa di voler saper tutto e tutto fare da sé. Pose un limite allorgoglio
delluomo di voler comandare tutti; pose un limite alla sensualità con cui vorrebbe
accontentare la carne. Pose un limite alla pretensione, cioè a quel voler tutto sapere e
tutto fare da sé. Ciò che per luomo era bene sapersi Dio glielaveva
rivelato, cioè conoscere il creatore, indirizzare tutta la vita al suo servizio, amarlo e
cercare di essere in Lui felice per sempre: era la somma sapienza.
Ma il demonio invidioso gli soffiò nellanimo lorgoglioso
pensiero che neppure Dio doveva tenerlo sotto il suo dominio. E! via, mangiasse il frutto
proibito, che avrebbe aperto gli occhi e permesso di poter fare tutto a sua volontà.
Allora luomo guardò Dio come un nemico che Io volesse nellignoranza e
incatenato alla sua servitù. Pretese di fare egli da sé, non fu contento di conoscere e
fare il bene, volle andare più in là. Ma più in là oltre il confine del bene, vi era
il male: ed il male conosciuto gli offuscò la mente, gli avvelenò il cuore cosicché
andò egli con foga dì brama brancicando a cercare nel male le sue soddisfazioni, e nel
male trovò la morte.
Ne volete le prove? Le avrete purtroppo funeste sotto gli occhi, nelle
vostre case, nei vostri figli, care speranze delle famiglie, che darebbero i più buoni
frutti nel Paradiso della santa innocenza! Ma se un triste serpente di maligno compagno
gli si avvinghia alla vita, se lo avvelena col fiato di una maliziosa parola, se lo gonfia
di presunzione egli disdegna ogni ritegno assaggia il male... prova la morte
dellanima.... Egli si è perso e solo la bontà di Dio lo può salvare ancora.
Guardate se non è questo il fatto della società presente. Dio le
aveva dato una madre per educarla, la Chiesa. Essa con le sue dottrine, con le sue verità
e coi Sacramenti educava per bene la famiglia cristiana, niente che gli potesse essere
utile lasciò dinsegnare, elevò la grande famiglia cattolica ad un grado di
civiltà, che tutte le nazioni non cristiane non raggiungeranno mai. Oh! a quale altezza
sarebbe condotta lEuropa se dalla Chiesa si fosse sempre lasciata guidare! Ma lo
spirito di presunzione linvasò in gran parte.
Allora i figli vittoriosi guardarono come tiranna la madre che li aveva
educati, vollero fare senza di Lei ... vollero solo accettare
ciò che alla loro ragione piacesse, pretesero di aprire gli occhi con la libertà della
stampa, vollero leggere tutto, pretesero tutto sapere, nei libri proibiti della Chiesa
mangiarono il frutto vietato. Ebbene? La Società restò offuscata dal dubbio, ormai non
conosce più sodi principi, si agita irrequieta, cambia e mal soffre i governi cambiati, e
nella rivoluzione universale minaccia di rovinare nel caos: solo il Salvatore Gesù colla
sua Chiesa la può ancora salvare.
Abbiamo detto per secondo che Dio col suo comandamento pose un limite
allorgoglio delluomo che mirava a sempre innalzarsi, dominare e comandare
tutti. Ma il padre del male gli gonfiò dorgoglio il petto e gli disse: - Chi è questo Dio? Mangia quel frutto vietato, e non morirai ma
ti farai eguale a Lui stesso - Adamo rizzò la testa gli negò
obbedienza. Ribellatosi contro di Lui, sconvolse lordine e luomo si trovò
ribelle fin dentro se stesso
.
Abbiamo detto per terzo che il Signore col precetto di non mangiare di
quel frutto pose un limite alla sensualità che bramerebbe sfogarsi in tutti i piaceri.
Luomo nella parte dellanima che presumerebbe tutto sapere e tutto osare, che
agognerebbe poggiare in alto e comandare tutti, manifesta unimpronta di vera
grandezza. Dio gli diede una prova grande: voleva da lui la grandezza dumiltà, che
fosse potente a far giustizia di se medesimo assoggettandosi a Dio
.
E voi o uomini che trionfate in spavalderie, con quel vostro gran fare
menate vanto di grandi, non ridete del pomo che fece prevaricare Adamo; perché un boccone
che vi faccia gola, anzi una schifezza dinanzi vi farebbe perder la testa, e vi getterebbe
forse nelle sciagure più deplorevoli
luomo per indegni piaceri si avvolge in
putridume così schifoso che ammorba fino il pensiero di chi si serba in dignità. Ed ecco
o miei cari come si ripete la maledetta viltà di Adamo, nelle nostre case, nei tuguri,
come nei più eleganti appartamenti! E un fatto, peccò Adamo per un boccone che gli
fece gola, come peccano gli uomini per un indegno piacere. Ecco luomo davanti al
Creatore a cui fa orribile oltraggio col suo peccato e la giustizia di Dio lo dovrebbe
fulminare di castigo! E quale castigo? Pigliò Iddio la bilancia della giustizia, mise da
una parte il peccato di Adamo, mise ciascun nostro peccato per controbilanciare la colpa
col meritato castigo, gettò sullaltra parte tutti i mali del mondo. Pesò...pesava
di più il peccato.
Deh pensate, è verità di fede: non vi sarebbero mali nel mondo se mai
non vi fosse stato il peccato. No, non vi sarebbero dispiaceri, non dolori, non lacrime di
patimenti, non disperazioni, se mai non vi fosse stato il peccato. Dunque per il peccato
tutti i mali. Tutti i mali? Che terribile parola che spalanca innanzi alla mente il mare
immenso di tutte le sciagure umane! Fermate il pensiero sulla serie delle malattie sole
del corpo. Se vi si schierassero sotto gli occhi qui tutti i poveri infermi che
languiscono solamente in questoggi in tutti gli ospedali del mondo. ...
Quante luride piaghe, quante forme di convulsioni spaventose! Quante membra
consulte dalla tisi! Quanti indescrivibili malori tutti ributtanti, che maciullano questa
povera carne umana! Rifuggite atterrito il pensiero.. immaginatevi poi tutti gli ammalati
di tutto il mondo per tutti i secoli. Che mare di dolori, molto più grande del mare che
abbraccia la terra! A questi mali senza misura solo di corpi aggiungete tutti i mali
dellanime, i quali travagliano ogni misura immaginabile. Or Dio gettò questo
smisurato ammasso di mali sulla terribile bilancia, gettò di riscontro il peccato, pesò
.pesava
di più il peccato.
Allora Dio gettò sulla bilancia la morte, poiché non vi sarebbe
stata la morte nel mondo, se il peccato non lavesse introdotta. Ma or via ditemi: Vi
siete mai voi o fratelli fermati a considerare il terribile male che è la morte, e quanti
spaventosi dolori cagiona agli uomini, la morte? Pensate un istante: proprio in
questoggi, chissà a quanti infelici, quanti dolori fa provare la morte2 Oh
la morte! La più orrida cagione dei mali per questa famiglia umana, il male peggiore in
questo mondo. Ma udite, la tremenda voce che tuona: La morte è la paga del
peccato... Questo tuono lascia voi per orrore nel silenzio e me nel fremito del
terrore! Eppure Dio gettò con tutti i mali la morte sulla terribile bilancia; pesò...
il peccato pesava di più.
Allora Iddio nella tremenda giustizia gettò sulla bilancia finalmente
linferno. Poiché non vi sarebbe linferno per gli uomini se non avessero
peccato. Linferno! E chi può ponderar linferno? Chi può durarla in fissarsi
in quel mare di disperati dolori?... Guardate nellinferno quei reprobi, che si
arrovellano con furor di demoni in quei vortici di fiamme, che si sprofondano in quel mare
di fuoco, cercano la morte e trovano sempre la disperazione in rabbia eterna, ed ahi sotto
i colpi del pendolo delleternità che batte limmutabile "sempre e
maiv. Sempre nel fuoco, fine non mai, sempre mai. Ora Dio gettò tutti i mali
del mondo, gettò le morti tutte, gettò linferno stesso sulla terribile bilancia,
contro il peccato, pesò.., pesava ancor di più il peccato!
Fra tutti i castighi però che Dio diede ai peccatori, o in Cielo o
in terra o nellinferno, non ve nè certo uno più spaventoso che debba
persuaderci più del gran male che è il peccato quanto il castigo dato al Redentore là
sul Calvario. Egli era il Redentore, la stessa innocenza impeccabile per natura. Egli era
lUnigenito dellEterno Padre ed a Lui consustanziale. Egli era una persona di
dignità infinita, ogni lieve oltraggio della sua SS.ma Umanità, si doveva stimare come
male maggiore di ogni male di tutte le creature. Ora Egli si addossò il peccato
delluomo. Egli là nellorto prevedendo i suoi futuri martiri sudava vivo
sangue e preso da profonda malinconia si rivolse a suo Padre per ben tre volte
supplicandolo perché gli usasse pietà: Pater si possibile est transean a me calix
iste. LEterno Padre non si mosse a compassione, glinviò un Angelo con un
calice di nero assenzio... Uditelo, o miei cari là sul Calvario, inchiodato in croce,
ormai vicino a spirare,
lultimo fiato che quasi più non potendo sopportare
labbandono del Padre esce in queste lamentevoli parole: "Deus, Deus meus ut
quid dereliquisti me".
Il peccato o mio Gesù, il peccato che vi siete addossato ecco quel
che porta la Divina Giustizia ad abbandonarvi. Oh maledetto peccato, peccato maledetto!
Ma, meditiamo un po, se la Divina Giustizia ha punito rigidamente
un Dio fatto uomo per i peccati non suoi, come tratterà noi vermi vilissimi della terra,
per tanti peccati? Se il fuoco dei divini fulmini ha svegliato sì grandi fiamme nel legno
verde dellUmanità SS.ma del Salvatore, quale incendio non metterà nei peccatori,
che come legna secca è disposta ad ardere nellinferno?
ebbe purtroppo ragione
il Redentore, mentre andava al Calvario di dire alle donne che piangevano i suoi strazi: "Ah
non spargete per me codeste lacrime, ma serbatele per voi che ne avrete maggior bisogno..."
AI: "Sermones", ASO Botticino |