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Verolanuova - Doku - Brescia

Guida alla Basilica Romana Minore San Lorenzo

 

IL TEMPIO di Verolanuova (Brescia - Italia)

Opera dei maestri di fabbrica Antonio e Domenico Comino, sorge nella parte più elevata del centro del paese, al posto di un preesistente oratorio dei Disciplini. La posa della prima pietra, secondo una annotazione del "Libro Cronologico" dei Cappuccini di Verolanuova, avvenne il 10 agosto 1633, deliberata collegialmente nel precedente gennaio dai rappresentanti del popolo, dal clero e dai maggiorenti della famiglia dei Conti Gambara. Con l'inizio della costruzione, architettonicamente interessante per la sua singolare concezione, si compiva il voto solenne espresso dalla popolazione verolese durante la drammatica esperienza della peste del 1630 e si esaudivano anche le più antiche sollecitazioni del Cardinale Borromeo (San Carlo), da lui espresse al cugino Gambara durante la visita pastorale del 1580 per le crescenti necessità di culto e di decoro della dignità prepositurale. L'impegno di mezzi e di uomini, veramente cospicuo, sostenuto dalla comunità, dalle Confraternite, dai Vicari, dai singoli e dalla famiglia Gambara, a cui si devono senz'altro gli orientamenti artistici, si protraeva per diversi anni, ostacolato da guerre e carestie.La chiesa veniva consacrata il 30 giugno 1647 dal Vescovo di Brescia Marco Morosini. Mentre quasi tutte le chiese parrocchiali costruite in provincia di Brescia durante il 1600 (circa una quarantina) seguono lo schema compositivo e strutturale delle chiese del tardo '500, risultanti come un unico vano voltato a botte, che comprende nave e presbiterio, quella di Verolanuova, come poche altre, costituisce un'eccezione: infatti si stacca dall'architettura locale e dall'ambito degli artisti locali, portando nelle sue linee compositive e strutturali apporti e contributi diversi e notevoli. Gli artisti, che qui lavorarono, vennero certamente scelti dai Gambara fra i migliori, a Venezia, a Roma od altrove, dove ampi ed umanistici erano i loro legami.

LA FACCIATA

Rimasta incompleta, accenna motivi ornamentali a testimonianza di un preciso intento decorativo. L'ampio ed alto frontone, a timpano triangolare, è completato da due torricelle, impostate sugli angoli della facciata: un impianto architettonico di non facile riscontro in territorio bresciano. La semplicità delle linee di ordine toscano sottolineano l'essenzialità dell'intero organismo, rendendo, unicamente alla cupola, senso di grande spazialità. Di stile composito, a doppio ordine, è il pregevole portale.

L'INTERNO

L'imponente composizione spaziale interna a croce latina, di tipica concezione controriformista, voltata a botte liscia, trovasi costantemente cadenzata da larghe ed alte lesene corinzie, sormontate da un elaborato cornicione a fregio rinascimentale in rilievo, dalla costante e continua linea d'ornato, che si sviluppa per tutto l'intero contorno. L'ampia, unica navata si presenta ritmata dalle laterali cappelle (tre per parte), interposte alla portante struttura, aperte da alti archi e sottolineate dalle corinzie lesene. In relazione alle sottostanti cappelle, il grande vaso presenta la volta alleggerita da sei semicircolari lunette sovrastanti altrettanti finestroni a tutto sesto, separati da intercapedine muraria rispetto agli ampi varchi esterni. Il transetto trovasi delineato dallo spazio di intervallo fra i quattro archi trionfali a tutto sesto, anch'essi impostati su lesene corinzie, che sorreggono, al centro della pianta cruciforme, l'alto tamburo della cupola. Nei pennacchi angolari d'incrocio degli archi del transetto trovano luogo quattro altorilievi a medaglione. Così concepita, la composizione basilicale sottolinea le due grandi cappelle poste all'estremità del transetto, approfondendo maggiormente il presbiterio, già di per sé allungato, in cui la curva dell'abside si richiude superiormente a catino, seguendo la pianta semicircolare del coro. Il pavimento della sala in lastre di pietra, ribassato rispetto al pavimento policromo del presbiterio e delle laterali cappelle, sottolinea anch'esso le linee della composizione. La luce, oltre che dalle finestre del tamburo, entra anche dalle due alte ed ampie finestre poste in corrispondenza del timpano della parete di fondo delle cappelle laterali del transetto e dalle due grandi finestre laterali del presbiterio. L'effetto complessivo‚è veramente di grande suggestione.

LA CUPOLA

Sopra i pennacchi d'incrocio degli archi del transetto, impostato su di un primo cornicione rinascimentale, munito di elegante ringhiera, si innalza un alto tamburo, coronato da un secondo cornicione, su cui poggia la cupola: altro elemento di rarità nell'architettura bresciana del Seicento. La struttura muraria del tamburo, ad andamento interno circolare, assume all'esterno forma prismatica ottagonale, con una snella finestra per lato. La soprastante cupola, in struttura muraria dal profilo interno sferoidale, risulta coerentemente risolta all'esterno in forma di calotta ad otto spicchi, su complessa ed indipendente struttura lignea centinata, rivestita da lastre di piombo. Il profilo esterno è poi coronato da una lanterna ottagonale, aperta a belvedere, che porta al culmine un angelo in rame sbalzato, girevole sul proprio asse, recante sul petto lo stemma cardinalizio dei Conti Gambara e la data del 30 novembre 1674 con il nome di Lucrezio Gambara, prevosto pro-tempore. Ai primi del'700 la chiesa, anche se disadorna, si presentava completa nelle sue strutture murarie.

LE OPERE D'ARTE

Nel frattempo avevano trovato collocazione al suo interno alcune opere di artisti della fine del'500, che probabilmente provenivano dalla precedente parrocchiale. Vi troviamo, infatti, importanti opere del Trotti detto il Malosso, del Mainardi detto il Chiavechino riferibili alla fine del '500 e di Pietro Ricchi detto il Lucchese della prima metà del'600. Alcuni pregevoli altari in legno intarsiato di scuola bresciana e cremonese, iniziati nella seconda metà del XVII secolo, ed ormai compiuti, si arricchivano poi, specialmente durante il XVIII secolo, di opere d'arte di immenso valore. Il merito dei Gambara mecenati fu quello di aver scelto fra i migliori artisti del tempo, incominciando da Francesco Maffei (1625-1660) il cui momento verolese coincide forse con la fase più forte della sua creazione, ad Andrea Celesti (1637-1712) i cui grandiosi teleri si montarono nel primo decennio del '700, continuando con Giovanni Battista Tiepolo (1696- 1770) con le sue ariose scene bibliche di rilevanza estrema, per arrivare a Ludovico Gallina (1752-1787) che con ampiezza di respiro venne a compiere la sua ultima opera, finita dallo scolaro Tantin. Si può tranquillamente affermare che la scuola pittorica veneta è qui presente in tutta la sua evoluzione, riassunta nei suoi contenuti più grandi ed espressivi. Nel tempo, l'interno andava poi completandosi con altre preziose opere, come le marmoree balaustre di varia tonalità ad incastri floreali (1683), le cantorie di scuola cremonese, il settecentesco coro, l'altare maggiore in marmo striato verde (1832) ed il prezioso organo dei fratelli Lingiardi (1875). Per le decorazioni, volute dal Prevosto Don Francesco Manfredi, bisogna arrivare ai primi del '900. L'architetto Antonio Tagliaferri ne segui i lavori, ispirandosi per l'ornamentazione al Gesù di Roma, chiamando a compiere le decorazioni d'omato i manerbiesi fratelli Cominelli e con essi altri pregevolissimi pittori, quali i verolesi Roberto Galperti e Benedetto Lò. Il lavoro d'ornato della cupola è opera di Angelo Cominelli, il medaglione della volta e gli Apostoli sono opera del valente pittore bresciano Gaetano Cresseri (morto il 17 luglio 1933), gli Angeli della cupola sono del Galperti. Mentre l'interno della chiesa veniva così completato, l'architettura esterna del fabbricato rimaneva incompiuta nella sua maestosa solidità, nella semplicità delle sue linee di ordine toscano piane e severe, nonostante la facciata accenni a qualche motivo ornamentale. Nel 1901 l'architetto Antonio Tagliaferri ebbe a ridisegnare la facciata, cercando di legare con lo stile del portale ed abbondando in fregi ed ornati: il progetto, contrastante con le linee e le robuste partiture architettoniche esistenti, non ebbe seguito, rappresentando così una semplice esercitazione accademica.


La Pianta della Basilica

Pianta

Legenda

1. Cappella di Sant'Antonio
2. Altare dell'Angelo Custode
3. Altare San Francesco Saverio
4. Altare dell'Immacolata
5. Cappella del S. Rosario
6. Sagrestia
7. Penitenzieria
8. Cappella del SS. Sacramento
9. Altare di San Carlo, detto "dei Conti"
10. Altare dell'Addolorata
11. Altare delle Vergini
12. Battistero
13. Navata
14. Transetto
15. Presbiterio
16. Coro e Altare Maggiore

 

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Piccola Guida Alla Basilica

1. Cappella dedicata a Sant'Antonio.

La tela che ritrae il Santo è opera di Roberto Galperti (1862-1905), verolese, autore anche di tutta la Via Crucis e degli affreschi decorativi della cupola.

2. Altare dell'Angelo Custode.

La tela (m 5x3) rappresenta un Angelo che protegge un fanciullo dal peccato, simboleggiato da Adamo ed Eva e lo sospinge verso le virtù (Fede, Speranza, Carità) raffigurate da tre composte donne sulla destra. In alto, Santi ed Angeli che rappresentano il trionfo delle virtù. L'opera è di Francesco Maffei (1625-1660).

3. Altare di San Francesco Saverio.

Il dipinto, (m 4x2.5) dedica to al Santo, è di Pietro Ricchi (1606-1675) detto il "Lucchese" In primo piano S. Francesco Saverio in preghiera con, alle spalle, la prora della nave che indica i viaggi missionari del Santo. In alto S. Giacomo Maggiore con un gruppo di sante.

4. Altare dell'immacolata.

Vi è collocata: "la caduta dei Progenitoii" (m 4x2.5) dello stesso Pietro Ricchi. In primo piano Dio Padre condanna il serpente la cui testa verrà schiacciata dal Figlio di una Donna. In alto è raffigurata la Vergine Immacolata che porta in grembo il Redentore. Con lei gli angeli recanti i simboli delle prerogative della Madonna.

5. Cappella del Santo Rosario.

Collocata al centro, "La Madonna del Rosario" (m 3.5x2), di Gian Battista Trotti (1556-1611), detto il "Molosso". In alto domina la Madonna col bambino, in basso si nota a sinistra S. Domenico, apostolo del S. Rosario, al centro S. Lorenzo e a destra S. Caterina martire. Dello stesso autore i quindici misteri del S. Rosario. L'arricchiscono: sulla destra, di Andrea Celesti (1637-1712): "L'Assunzione di Maria" (m 10x5.5). Sullo sfondo alcune costruzioni maestose. La Vergine in alto tra angeli, glorificata. In basso gli Apostoli sulla tomba vuota. A sinistra, dello stesso A. Celesti: "La natività della Madonna" (m 10x 5.5). Sempre nello sfondo le costruzioni di classica architettura. In alto Dio Padre benedicente fra gli angeli. In primo piano S. Anna con Maria bambina.

6. Sagrestia.

Sino ad alcuni anni fa ha conservato quattro tele del 1500, di modeste dimensioni, della Scuola dell'Arcimboldo raffiguranti le allegorie delle quattro stagioni. Ora sono esposte nella Pinacoteca Tosio-Martinengo di Brescia. Di pregio alcuni mobili del 1600.

7. Penitenzieria

 

8. Cappella del SS. Sacramento.

La solennizzano tre grandiosi dipinti. Sull'altare, di Francesco Maffei (1625-1660): "La cena" (m 6x4). Sono rappresentati gli Apostoli attorno a Gesù. L'estrema drammaticità è riassunta dall'immagine di Giuda che volta la schiena a Gesù nell'atto di raccogliere un'anfora. A destra, di Gian Battista Tiepolo (1696-1770): "La caduta della manna" (m 10x5.5). Mosè tende le mani al cielo su di una balza, alle spalle la tenda d'accampamento, i capi ed i sacerdoti ebraici. Dal cielo gli angeli versano la manna. In primo piano la folla raccoglie il cibo celeste. A sinistra, sempre di G.B.Tiepolo: "Il sacrificio di Melchisedech" (m 10x5.5). Melchisedech, presso l'altare, alza al cielo l'offerta del pane. Sulla destra i guerrieri, con le loro insegne, seguono in religioso silenzio il rito. Sulla sinistra il popolo con le vittime per il sacrificio, mentre alcuni giovani scendono suonando da una balza. In alto gli angeli tra le nubi. Le due tele richiamano i simboli dell'Eucarestia.

9. Altare di S. Carlo, detto "dei Conti".

Di Pietro Liberi detto "Cavre", da Padova (1614-1687): "La Madonna con S. Carlo, S. Antonio e i conti Gambara" (m 4x2.5). In primo piano, inginocchiati, due membri della casa Gambara, che sono presentati alla Vergine da S. Carlo Borromeo. Dietro S. Antonio, gli sguardi sono rivolti alla Madonna col bambino, assisa su un trono di nubi ed angeli. In basso a destra una interessante veduta di Verolanuova. Sotto la tela, di ridotte dimensioni,una "Madonna" del Celesti.

10. Altare dell'Addolorata.

"La Deposizione" (m 3x2) è opera di Andrea Mainardi, (1550) di Cremona, detto il "Chiavechino", della Scuola dei Campi della stessa città. Al centro il Cristo morto in grembo alla Vergine, a sinistra S. Lorenzo martire, a destra in ginocchio S. Maria di Magdala ed in piedi l'Evangelista S. Giovanni.

11. Altare delle Vergini.

L'opera è di Giulio Girello, da Padova (datata 1658). Rappresenta "Le S.S. Vergini Agata, Lucia, Apollonia" (m 4.5x2.5). Oltre alle Sante, in alto è rappresentato San Nicola da Tolentino e S. Giovanni Battista che implorano misericordia. Nello sfondo il panorama di Verolanuova con la Basilica e palazzo Gambara. Visibili sono anche le vittime della peste del 1630.

12. Battistero.

Trovasi, murata, una nicchia di marmo bianco inquadrata da un bassorilievo cinquecentesco che rappresenta due angeli. Recente la collocazione di una lampada votiva a ricordo del verolese, Servo di Dio, don Antonio Tadini (1846-1912), qui battezzato e fondatore delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth.

13. Navata.

Con volta a botte liscia reca un grande affresco del bresciano Gaetano Cresseri (1870-1933): "S. Lorenzo presenta i poveri al Governatore di Roma"

14. Transetto.

E' delineato nello spazio di intervallo fra i quattro archi trionfali a tutto sesto che, impostati su lesene corinzie, sorreggono l'alto tamburo della cupola.

15. Presbiterio

Di grande effetto il pavimento policromo, più alto rispetto al pavimento della sala in lastre di pietra. Al centro è l'Altare Maggiore in marmo striato verde (1832), con le cantorie di scuola cremonese ed il prezioso organo dei fratelli Lingiardi (1875) a tre manuali, elaborato dal Maestro Arnaldo Bambini negli anni Trenta. Nel fregio della cimasa dell'altare sono inseriti dodici medaglioni in bronzo raffiguranti gli Apostoli (1822). Le balaustre, del 1683, sono in marmo a varie tonalità, ad incastri fioreali.

16. Coro e Altare Maggiore

Settecentesco (1701-1703) dell'intagliatore Bartolomeo Franchino di Verona. Lo sovrasta la non meno grandiosa pala (m 9.5x4.5) sempre di Andrea Celesti, raffigurante "Il martirio di S. Lorenzo" (A questo Santo, infatti, ed a S. Antonio di Padova, è dedicata la Basilica). In primo piano il Santo che sorride ai suoi aguzzini. Sullo sfondo alcuni osservatori fra grandi costruzioni architettoniche classicheggianti. In alto un angelo con la palma del martirio.

Controfacciata

Sopra il portale maggiore d'ingresso è collocata la più grande tela della Basilica (m 10 x m 8). Di Ludovico Gallina (1752-1787) deceduto nel corso dell'esecuzione dell'opera), e terminata dal suo allievo Pietro Tantini, rappresenta "La Crocifissione". E' la rappresentazione della scena drammatica del Golgota. La luce parte dalla Croce ed illumina il gruppo centrale composto dalla Madonna, S. Giovanni e le pie donne. Molte sono le figure in movimento in una prospettiva possente. Sullo sfondo il cielo minaccioso. La tela conclude il discorso pittorico della Basilica

Gli altari

E' certo soltanto l'autore dell'altare della Madonna del Rosario: Antonio Franzin di Cremona (1653). Tutti gli altri altari sembrano rivelare lo stesso stile e la stessa mano. Le soase sono opere di scuole bresciane e cremonesi del 1600.

Gli affreschi

Su disegno dell'arch. Antonio Tagliaferri che seguì i lavori, furono eseguiti dai fratelli Cominelli di Manerbio, dai verolesi Roberto Galperti, Benedetto Lò e dal già citato Gaetano Cresseri.

 

Cronologia Artistica delle Opere d'Arte della Basilica

di Rino Bonera

Le tele

1) ANDREA MAINARDI, di Cremona; detto il Chiavechino - (1550-?)
"La deposizione" (1581) - m 3x2 (altare dell'Addolorata).

2) GIAN BATTISTA TROTTI, detto il Malosso - (1556-1611)
"La Madonna del Rosario" (1588) - m 3,5x2 (Cappella del Rosario).
La tela è incastonata nei quindici misteri del Rosario (ignoto 1700).

3) FRANCESCO MAFFEI (1625-1660)
"La Cena" (1649) - m 6x4 (Cappella del SS.Sacramento)

4) PIETRO RICCHI, detto il Lucchese - (1606-1675)
"La caduta dei progenitori e la promessa del Redentore" (1649) - m 4x2,5 (Altare dell'Immacolata).

5) FRANCESCO MAFFEI (1625-1660)
"L'Angelo Custode" (1650) - m 5x3 (Altare dell'Angelo).

6) GIULIO CIRELLO, da Padova
"Le Ss.Vergini Agata, Lucia, Apollonia" (1658) - m 4,5x2,5
(o "Pala di S. Giacomo" - v. catalogo mostra "Pietro Ricchi" - Riva del Garda 1996 - Marina Botteri Ottaviani - Altare delle Vergini).

7) PIETRO LIBERI, detto Cavre, da Padova - (1614-1687)
"La Madonna con S. Carlo, S. Antonio e i Conti Gambara" (1658) - m 4x2,5
(Altare di S. Carlo, detto "dei Conti").

8) PIETRO RICCHI, detto il Lucchese - (1606-1675)
"S. Francesco Saverio" (1664) - m 4x2,5 (Altare di S. Francesco Saverio)

9) ANDREA CELESTI (1637-1712)
"Il martirio di S. Lorenzo" (1707) - m 9,5x4,5 (Pala dell'Altare Maggiore).
"L' Assunzione di Maria" (1707) - m 10x5,5
"La natività della Madonna" (1 7 1 0) - m 10x5,5 (sono ambedue nella Cappella del S. Rosario).
"Madonna del Carmelo" custodita nell'altare di S. Carlo

10) GIAN BATTISTA TIEPOLO (1696-1770).
"La caduta della manna" (1 740) - m 10x5,5.
"Il sacrificio di Melchisedech" (1 740) - m 10x5,5 (ambedue nella Cappella de SS. Sacramento).

11) LUDOVICO GALLINA (1752-1787).
"La Crocifissione" (1787) - m 12x7 (tela posta sopra il portale maggiore d'ingresso. Il lavoro È stato terminato da PIETRO TANTIN, discepolo e aiuto del Gallina

12) ROBERTO GALPERTI (1 862-1905), di Verolanuova
"La Via Crucis" - 14 Stazioni.
"S.Antonio" (nella Cappella di S. Antonio).

Gli Affreschi

1) GAETANO CRESSERI (bresciano) - (1870-1933)
Affresco "S. Lorenzo presenta i poveri al Governatore di Roma " (nella volta della Basilica)

2) ROBERTO GALPERTI (1862-1905)
Affresco "Gli Angeli" (nella cupola).

3) ANGELO, GIUSEPPE e FAUSTO COMINELLI, di Manerbio e BENEDETTO LÒ di Verolanuova.
Le decorazioni della chiesa

 


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