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Verolanuova - Doku - Brescia

I Misteri del Rosario sono di Ottavio Amigoni

di Elena Geroldi - da "L'Angelo di Verola" - numero 10 - anno XXVI - Ottobre 2001

 

Studi e Ricerche 

L'articolo che segue contiene una importante rivelazione sulla cappella del S. Rosario: i dipinti dei quindici misteri che circondano la pala centrale sono opera di Ottavio Amigoni e non del Malosso autore soltanto della tela di mezzo. Questa affermazione è supportata da inconfutabili precisazioni.

Siamo grati all'autrice dell'articolo, nostra concittadina, le cui appassionate ricerche hanno portato alla scoperta di un tassello che colma una lacuna nell'elenco degli autori delle tante opere di cui è ricca la nostra Basilica.

I Misteri del Rosario

Come avrete certamente notato, da qualche mese l'altare del Santo Rosario, situato nel braccio destro del transetto della Basilica, è spoglio dei quindici dipinti che ornano la pala del Malosso per un restauro ancora in corso.

Sinora poco si conosceva di queste opere raffiguranti i Misteri del Rosario, in quanto nessuno degli studi svolti in passato aveva rivolto ad essi una particolare attenzione. Venivano perlopiù citati come eseguiti da un pittore ignoto oppure avvicinati alla scuola cremonese, senza dar loro grande importanza.

Grazie ad uno studio approfondito svolto sotto la guida del Professor M. Bona Castellotti, docente di Storia dell'arte presso l'Università Cattolica di Brescia e al decisivo contributo prestato da Don G. Fusari, si è potuto riconoscere in Ottavio Amigoni l'autore di queste opere non firmate e non datate.

Allo stato attuale, l'unica notizia archivistica a disposizione è una delibera dei reggenti della Confraternita del Santo Rosario, del 30 marzo 1652, quando venne ordinato di cercare un ‘pittore eccellente per far li Misterij del Santissimo Rosario alla Pala'. Leggendo, però, i resoconti delle successive assemblee è anche possibile ritenere le opere poste nella loro sede entro l'agosto 1655, quando i confratelli ordinarono la sistemazione del ferro su cui si reggeva la tela che copriva l'altare, ultima operazione al termine dei lavori per l'erezione di un altare.

Di certo è in questo lasso di tempo che va collocata la realizzazione dei dipinti che risultano così essere il lavoro più tardo e di maggior pregio tra quelli fino ad ora conosciuti di questo pittore. In essi le conoscenze messe a punto nelle opere precedenti, solitamente di grandi dimensioni, convergono in uno spazio narrativo ridotto, dove ogni evento sacro raggiunge una resa di grande effetto e magniloquenza, che denota la grandezza di questo autore in ritardo rispetto alla sua generazione.

L'attribuzione ad Ottavio Amigoni (1606 - 1661), artista legato alla figura di Antonio Gandino e attento studioso della pittura di area veneta, in particolare del Veronese e di Palma il Giovane, si basa sul confronto analitico con alcune opere di questo pittore bresciano, autore prevalentemente di soggetti mariani. I dipinti presi in considerazione sono l'Annunciazione e la Vergine che appare a San Bernardo da Chiaravalle, conservate nella chiesa di Sant'Agata a Brescia, la Madonna col Bambino e i Santi Francesco ed Eufemia, di Vello di Marone, l'Ultima Cena, nelle due versioni di Quinzano e Siviano e Sant'Antonio da Padova della parrocchiale di Capriolo.

Dalla comparazione tra queste opere e i Misteri del Rosario di Verola, si è potuta riscontrare in essi la presenza di alcuni tratti inconfondibili del pittore: le fisionomie più volte riprese, i panneggi preziosi e fluenti che ricorrono identici e lasciano intravedere quella stessa attenzione ai tessuti preziosi prestata dal Moretto, gli incarnati e le torsioni sempre ricercate, che rimandano a Palma il Giovane. Sin dal primo dipinto, collocato a sinistra in basso, raffigurante l'Annunciazione, si possono osservare delle analogie con un'altra opera dal medesimo soggetto, collocata nella chiesa di Sant'Agata a Brescia: l'impostazione della scena è uguale, con l'angelo sulla sinistra palesemente ripreso nello stesso modo e la Madonna in una torsione tipica dell'Amigoni. Oltre a questi aspetti, il pittore cita la stessa tipologia per entrambe le figure e ripropone persino la medesima resa cromatica dei panneggi.

La rappresentazione della Vergine, inoltre, scioglie qualsiasi dubbio circa l'attribuzione, in quanto viene sempre raffigurata con i medesimi tratti fisionomici, con la veste rossastra, sormontata da un manto verde, raccolto sul fianco sinistro e con il velo bianco calato attorno al collo, come, ad esempio, nella pala della Madonna col Bambino e i Santi Francesco ed Eufemia di Vello di Marone o nella suddetta Annunciazione. Un altro episodio sacro già precedentemente trattato è La presentazione al tempio di Chiari, dove oltre alla consueta immagine della Madonna, incontriamo un Gesù alquanto paffuto, tipologia spesso riproposta dal pittore. Pensiamo al Sant'Antonio da Padova di Capriolo o alla Vergine che appare a San Bernardo da Chiaravalle, conservata in Sant'Agata a Brescia, dove sono presenti figure infantili identiche a quelle dei Misteri.

Nell'Amigoni, la rappresentazione di Gesù Bambino e dei putti si distingue dal modo di raffigurare gli altri personaggi per la morbidezza della pennellata e per la dolcezza espressiva. Dell'Annunciazione verolese è pregevole il colore, grazie al quale il pittore crea una continua alternanza di verdi intensi, rossi che sfumano verso il rosa e l'ocra e che confluisce nelle vesti e nei panneggi, mettendone in risalto una preziosità ricercata, che rinvia all'indagine naturalistica condotta sui tessuti dal Moretto. Qui, come in quasi tutti i Misteri, è presente la figura di un uomo, alle spalle del sacerdote, di matrice tipicamente gandiniana, citata, ad esempio, nelle due versioni dell'Ultima Cena. A dette componenti, va aggiunta la resa sulfurea degli incarnati, la finezza delle fisionomie, la gamma cromatica che rinvia all'ambiente veneto e la preziosità delle torsioni, che raggiungono un livello altissimo nei Misteri della Risurrezione e dell'Ascensione.

 


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